Biblioteca Multimediale Marxista
Oggi fare il punto sulla situazione del nostro settore, per
riorganizzarci dando forza e continuità all’antagonismo espresso
nel passato, significa innanzi tutto analizzare gli ultimi anni e, nel fare
questo, cogliere gli aspetti che hanno determinato difficoltà e battute
di arresto nello sviluppo delle lotte e l’organizzazione proletaria antagonista.
Fare finta di ignorare, per es., l’attacco durissimo che oggi lo stato
e i padroni stanno portando alle condizioni di vita e di organizzazione all’intero
proletariato (come ultimi es., i 24.000 in cassa integrazione alla FIAT e le
periodiche campagne di distruzione di ogni forma di dissenso) vuol dire tagliarsi
le gambe prima di cominciare a camminare.
La borghesia si trova a dover tappare l falle di un sistema produttivo reso
sempre più scricchiolante dagli effetti di una crisi che ormai ha assunto
un carattere costante ed irreversibile. In questa affannosa rincorsa deve stroncare
sul nascere, e sncor prima che questo si manifesti, ogni più elementare
bisogno che il proletariato esprime.
I momenti fondamentali di questo attacco sono due: l’ARMA DELLA MOBILITA’
e LA MILITARIZZAZIONE. Mobilità intesa come strumento di divisione e
smembramento della composizione di classe oltre che come impiego più
funzionale della forza lavoro ai fini produttivi. Nei piani dei padroni noi
serviamo “mobili” e cioè dovremo essere sempre più
disponibili, malleabili pronti ad essere spostati ovunque e soprattutto docili
all’uso di questo strumento che rappresenta l’ostacolo al raggiungimento
dell’unità di classe: la polverizzazione dell’organizzazione
autonoma del proletariato. Ma se la mobilità diventa lo strumento per
accrescere la stratificazione proletaria, la militarizzazione è l’arma
con cui si cerca di annientare il proletariato e la sua capacità di lotta.
Capire che oggi la militarizzazione è l’arma decisiva per l’imposizione
dei progetti di ristrutturazione, comprendere come questa quindi è diventata
pratica quotidiana ed ha impregnato di sé tutta la società, significa
prendere atto di una situazione mutata, perché mutati o addirittura spazzati
via dalla crisi sono i margini entro cui ci si poteva illudere di sfruttare
gli “spazi democratici”, le contraddizioni interne alla borghesia
e qui dentro realizzare gli interessi di classe.
Oggi, e non siamo solo noi che lo affermiamo, ma è la realtà quotidiana
che lo dimostra, tutto l’apparato borghese si è ricompattato su
di un progetto di annientamento politico e fisico del proletariato e della sua
organizzazione.
Prendere atto di ciò deve però significare fare il passo in avanti
per uscire dalla stasi forzata in cui, nel nostro settore, ristagnano l’organizzazione
autonoma e il movimento antagonista della classe. Nell’autunno del ’78
dentro gli ospedali si è sviluppato un forte movimento antagonista deciso
a dare battaglia su quelli che oggi sono i punti centrali dell’attuazione
della ristrutturazione sanitaria. Il governo e i sindacati già allora
parlavano dell’infermiere unico polivalente (un robot tuttofare), del
rilancio della medicina privata e della creazione di nuove barriere per impedire
ai proletari di curarsi adeguatamente,in definitiva stavano dando un’ultima
pennellata alla cosiddetta riforma sanitaria. Noi lavoratori ospedalieri gli
abbiamo dato subito una risposta molto chiara: NO alla robotizzazione dell’infermiere
attraverso il cumulo delle mansioni (professionalità), aumenti sostanziali
in paga base, (100mila mensili), riduzione dell’orario di lavoro a 36
ore settimanali, rifiuto del taglio della spesa sanitaria, nuove assunzioni
e costruzione di nuovi ospedali. Su questi contenuti il movimento autonomo della
classe andò ad organizzarsi con le assemblee permanenti, espressione
della nostra volontà di battersi ad oltranza. Furono organizzati i cortei
interni ai reparti per impedire ai caposala di ricattare i lavoratori e per
ricacciare i crumiri, furono organizzate manifestazioni cittadine e per ultima
la grandiosa dei 30mila a Firenze. Tutti i lavoratori ospedalieri hanno ben
vivo il ricordo di quale fu la risposta dello stato alle aspettative, ai bisogni,
al programma che il nostro movimento aveva espresso: una risposta brutale che
si articolò immediatamente sul piano militare e politico. Alle assemblee
permanenti si presentarono ispettori sindacalisti e poliziotti. Gli ispettori
schedavano i lavoratori più combattivi per passare poi i nomitativi alle
direzioni sanitarie, i sindacalisti cercando di demoralizzare i lavoratori e
facendo del terrorismo psicologico prospettando l’imminente repressione
poliziesca, i poliziotti sciogliendo a mano armata le assemblee e caricando
i lavoratori persino all’interno delle corsie. E per ultima intervennelamagistratura
accusandoci di truffa aggravata (parlano proprio loro) dato che si timbrava
il cartellino senza lavorare e denunciando i nominativi, passati dalle direzioni
sanitarie, dei proletari in lotta. I cortei interni furono affrontati con lo
stazionamento fisso dei blindati nei posti di lavoro. Come ricordiamoa seconda
del periodo negli ospedali c’erano da 1 a 3 oppure più blindati,
senza contare il codazzo di sbirri in borghese della DIGOS che si aggiravano
nei viali e per le corsie per individuare momenti di propaganda e di lotta.
Anche i cortei interni furono affrontati nello stesso modo (valga per tutti
l’esempio del corteo che si fece al Pio Istituto che fu caricato con estrema
violenza e a freddo dalla polizia). Fu così che centinaia, migliaia di
lavoratori ospedalieri furono intimiditi, schedati, incarcerati.
E’ COSI’ CHE NELSETTORE OSPEDALIERO SI SONO DETERMINATE PER IL MOVIMENTO
DI CLASSE LE NUOVE CONDIZIONI ALL’INTERNO DELLE QUALI LA LOTTA DEVE SAPERSI
SVILUPPARE.
Due sono le caratteristiche principali di questa nuova fase: 1) l’impossibilità
per lo stato, nel quadro dell’attuale crisi strutturale del capitalismo,
di andare a compromessi con i bisogni, le tensioni, i punti fondamentali di
un programma operaio attraverso una politica di integrazione riformista; 2)
l’intervento armato dello stato nei processi di ristrutturazione come
controparte politica dell’autonomia di classe, e quindi di apparente defilamento
delle controparti immediate della lotta proletaria.
E’ in questo quadro e in queste MUTATE condizioni che il movimento di
lotta del ’78 è andato a scontrarsi, ed è questo salto,
questa necessità della borghesia di annientare ogni bisogno ed interesse
proletario, a trasformare ogni lotta in questione di “vita o di morte”
per il capitalismo, che ancora oggi stenta a riprendere l’iniziativa e
a ridare forza maturità e continuità, ai contenuti espressi con
quel ciclo di lotte. Non serve però a nessuno leccarsi le ferite e guardare
con nostalgia al passato. Da questo, da quello che ha rappresentato, bisogna
partire con condizioni che sono mutate, con un progetto di ristrutturazione
che dalle parole è ormai passato ai fatti, con rapporti che segnano un
punto a favore della borghesia (non è invenzione di qualcuno il fatto
che, negli ultimi due anni negli ospedali, la lotta ha stentato a mantenere
un livello di continuità e di stabilità).
Non ha più nessun senso continuare ad affermare la giustezza di forme
“legali” di organizzazione della lotta (come collettivi, coordinamenti
etc.). Sostenere questo significa non aver capito che la nostra lotta quando
assume una forma definita e concreta, si configura immediatamente come lotta
che mette in discussione tutta la globalità dei piani di ristrutturazione
antiproletaria. L’esigenza per la borghesia di annientare ogni forma di
bisogno ed interessi di classe diventa necessità vitale per continuare
a mantenere il suo dominio, e nel fare ciò pone il massimo della sua
forza in campo. Chi non comprende ciò, chi non capisce che vengono fatte
vivere e vegetare come legali le sole forme di organizzazione che in nessun
modo serviranno alla lotta proletaria, prima ancora che un illuso è un
opportunista.
Tutti, i proletari più coscienti e le avanguardie della classe dobbiamo
fare per forza i conti con questa realtà, se vogliamo riuscire a rendere
possibile la rinascita e la ripresa delle lotte alla ristrutturazione nelle
condizioni date. E’ necessario costruire un’organizzazione stabile
delle lotte, il più possibile protetta dai colpi della repressione, che
attui un programma operaio con tutti i mezzi al livello dello scontro attuale
e dentro questi rapporti di forza. Certo si tratta di non cadere nell’avventurismo,
avendo però coscienza che il peggior avventurismo è quello di
chi, inchiodato dalla repressione, vuole continuare a lottare alla vecchia maniera,
come se niente fosse avvenuto. Avventurismo è organizzare la lotta su
certi punti senza preparare adeguatamente i lavoratori alle conseguenze che
l’attuazione di questi punti comporterà in termini di scontro e
di potere. E’ quello di chi propaganda parole d’ordine da un punto
di vista strategico, come la riduzione dell’orario di lavoro senza capire
che non ritratta di una semplice rivendicazione ma di un punto che, se attuato,
rimette totalmente in discussione in questa fase gli attuali rapporti di forza
e di potere.
I rapporti di forza tra il proletariato ospedaliero da una parte, e il governo,
la regione, i sindacati, le amministrazioni ospedaliere dall’altra non
sono favorevoli ai primi, nell’attuale congiuntura; la sconfitta del ’78
pesa ancora su tutti noi, senza contare la lenta ma concreta avanzata dei processi
di ristrutturazione; si tratta di riprendere le filadell’organizzazione
proletaria creando in un primo momento i NUCLEI CLANDESTINI DI RESISTENZA, come
momento e rete di discussione, organizzazione e lotta sui contenuti di un programma
operaio che faccia gino in fondo i conti con il processo di ristrutturazione
in atto che ha come primo grosso momento di applicazione il contratto firmato
il giugno scorso.
I NCR non li concepiamo assolutamente come gruppetti di “vecchi compagni”
di avanguardie di lotta incazzate, che dopo il ’78 intendono proseguire
la lotta con altri mezzi. In questa fase di transizione alla guerra di classe,
il problema dei “mezzi” non si risolve con una sostituzione unilaterale,
ma con un arricchimento del patrimonio di lotta proletario.
Noi diciamo: i proletari devono lottare contro la ristrutturazione con tutti
i mezzi. Il problema grosso è un altro e riguarda il modo di organizzare
i processi di lotta. Bisogna definitivamente capire che la lotta contro la ristrutturazione
e la militarizzazione E’ UNA LOTTA DI POTERE e non rivendicativa. NOI
NON RIVENDICHIAMO, PER ES. L’ABOLIZIONE DELLO STRAORDINARIO, DOBBIAMO
COSTRUIRE LA FORZA E LA CAPACITA’ DI IMPORLA.
Cambia evidentemente il modo di lottare e conseguentemente di organizzarsi.
Noi comunisti delle BR proponiamo ai proletari ospedalieri di organizzarsi in
NCR rispetto al potere come prime forme stabili dell’organizzazione proletaria
e della mobilitazione permanente della classe. Struttue cioè che sappiano
sintetizzare in programmi di lotta i bisogni e le tensioni della classe, organizzare
clandestinamente le riprese delle lotte, perché solo così oggi
è possibile lottare contro i processi di ristrutturazione e affrontare
preparati la repressione armata che questi processi richiedono per essere attuati.
D’altra parte clandestinità non vuol dire isolarsi dalle masse,
arroccarsi sulla difensiva, come sbandiera chi deve trovare un alibi per giustificare
il proprio opportunismo, ma al contrario significa avere la possibilità
di rappresentare gli interessi storici e immediati della classe senza travestimenti
opportunistici, tutti tesi ad evitare la rappresaglia del nemico. Non abbiamo
mai affermato che la clandestinità è sinonimo di imprendibilità
dei singoli compagni. Questa convinzioni che molti proletari hanno assunto in
passato è il frutto velenoso di un certo idealismo ed è l’opera
di propaganda controrivoluzionaria dei mass-media. Le forme clandestine dell’organizzazione
proletaria in questa fase, sono la condizione necessaria e indispensabile per
assicurare piena autonomia politica e di lotta all’organizzazione di classe
di costruire, e non una “soluzione” che fa diventare lo scontro
meno duro per i proletari.
E’ questo l’unico modo possibile per ricreare quella capacità
di lottare che le nuove condizioni hanno distrutto nelle vecchie forme di organizzazione.
Assumere un carattere di clandestinità rispetto al potere significa essere
in grado di organizzarci e di lottare sui nostri bisogni senza essere individuati
facilmente dal nemico, senza correre il rischio, come nel passato, che la lotta
si blocchi alle prime ventate repressive, altrimenti sarà sempre e solo
la borghesia a stabilire su che cosa, come, e fino a che punto lottare.
Riorganizzarci sotterraneamente, creando una rete clandestina di discussione
e organizzazione dei lavoratori ospedalieri, che sappia far ripartire la lotta
contro la ristrutturazione antiproletaria negli ospedali in maniera efficace:
solo in questo modo si può attuare la possibilità di lottare stabilmente
nelle nuove condizioni.
ORGANIZZANDOCI IN NUCLEI CLANDESTINI DI RESISTENZA RISPETTO AL POTERE, PER LOTTARE
SUI NOSTRI BISOGNI NELLE NUOVE CONDIZIONI.
Compagni, dopo la stagione di lotte del ’78, che si caratterizzò
come un primo grosso momento di resistenza dei lavoratori ospedalieri ai programmi
padronali rispetto alla politica sanitaria e come espressione delle proprie
necessità, il processo di ristrutturazione antiproletario nel nostro
settore è continuato a marciare con lentezza ma inesorabilmente. Questo
trova la sua causa principale nella necessità che la borghesia ha di
reperire capitali da investire nella grande impresa multinazionale, tagliando
al massimo le spese in altri settori, come in quello della sanità e dell’erogazione
di servizi sociali. Da questa parte il piano Pandolci, quando afferma che il
taglio della spesa pubblica, e nel nostro caso della spesa sanitaria, diventa
una delle condizioni necessarie ed indispensabili per il contenimento e la gestione
della crisi. Per il capitale non è più possibile destinare quote
rilevanti alla salute pubblica, continuare cioè nella politica assistenziale
e di autolegittimazione che lo ha caratterizzato nella fase espansiva: non ha
più la possibilità di rendere compatibili le proprie leggi di
accumulazione con i bisogni e le richieste del proletariato. La riforma sanitaria
e il piano sanitario nazionale traducono questa necessità improrogabile
in progetto, in realtà nel campo sanitario: RIDURRE tutte le spese e
comunque non spendere una lira di più di quanto speso nel ’77.
E’ questa la filosofia e la parola d’ordine che attraversa l’intero
piano sanitario nazionale, FILOSOFIA DI PEGGIORAMENTO E DI ANNIENTAMENTO, diciamo
noi!
Infatti se da un lato si abbatte su di noi ospedalieri come ristrutturazione,
come nocività, come aumento della produttività attraverso l’intensificazione
dello sfruttamento, fino ed oltre i limiti della sopportazione, aumentando i
ritmi ed i carichi di lavoro e assumendo sempre meno personale, più in
generale, ma non per questo meno concretamente, si abbatte sull’intero
proletariato. E’ infatti la necessità di ridurre tutte le spese
in campo sanitario, coniugate con il punto di vista del capitale sulla salute,
e cioè costo di un posto letto, costo di un proletario ammalato, di un
medicinale, di un lavoratore ospedaliero, non poteva che tradursi in una politica
di genocidio verso il proletariato.
Diminuzione dell’assistenza gratuita e peggioramento di quella che rimane
attraverso il blocco delle assunzioni negli ospedali e l’intensificazione
dello sfruttamento del nostro lavoro (come ben sappiamo nei reparti non ci sono
che uno o due infermieri per 50-60-70 ammalati).
Blocco totale della costruzione di nuovi ospedali e quindi di nuovi posti letto.
Riduzione sempre maggiore della possibilità di entrare in ospedale per
“curarsi” attraverso la creazione di fantomatiche strutture filtro
(come gli hospital-day) che impediscono di fatto i ricoveri. Aumento delle spese
che i malati devono sostenere per i medicinali (come i vari ticket).
E’ questa l’assistenza che offfre la democratica riforma sanitaria,
strettamente interconnnessa all’attuazione di questi obiettivi è
fondamentale la entrata ufficiale (sancita con l’ultimo contratto) della
medicina privata e a pagamento dentro gli ospedali che, oltre a premiare lo
zelo antiproletario delle baronie mediche ed accrescere in misura ancora maggiore
il loro potere mafioso e clientelare sui proletari dentro gli ospedali, assicura
la possibilità concreta di curarsi solo a chi può permettersi
di spendere una montagna di soldi. Per gli altri, per i proletari, rimane la
speranza di potersi curare solo e soltanto quando sono più morti che
vivi (e la riduzione dell’accettazione dei ricoveri lo dimostra ampiamente).
Queste sono le politiche concrete che la borghesia nela sua riforma sanitaria
e nel piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali, sta attuando,
mettendo a punto, praticando.
La sua risposta alla crisi nel tentativo di conservare inalterati questi rapporti
di produzione, si traduce puntualmente nel peggioramento delle nostre condizioni.
E questa politica di genocidio del proletariato dal punto di vista del capitale
e cioè di una “assistenza limitata e per pochi” contrapponiamo
il nostro punto di vista, le esigenze espresse in 10 anni di lotta. IMPONIAMO
IL DIRITTO PROLETARIO ALLA SALUTE.
Quanto oggi le parole contenute all’interno del piano sanitario nazionale
stiano cominciando a diventare realtà lo si legge nel contratto di giugno
e lo sentiamo sulla nostra pelle ogni giorno di più dentro gli ospedali.
Quello che i padroni lo stato e i bonzi sindacali hanno firmato non è
solo il classico contratto bidone ma assume la forma di un contratto di ristrutturazione,
di un vero e proprio programma “tattico” all’interno del programma
complessivo di ristrutturazione della sanità. Esso non è solo
la svendita di un patrimonio di lotta, una serie di prese per il culo come il
passato. Per gli obiettivi che sono contenuti al suo interno esso si pone all’avanguardia
nel portare avanti il processo di ristrutturazione antiproletario.
Il fine ultimo del contratto diventa lo stesso del piano sanitario triennale:
taglio della spesa sanitaria attraverso il bilancio della produttività.
In questo quadro il sindacato si rivela in tutto e per tutto (se a qualcuno
non fosse ancora chiaro) esecutore dei programmi capitalistici, vera e propria
articolazione della borghesia dentro la classe con lo scopo di annichilire ed
annullare l’identità e la coscienza proletaria. La mobilità
e la professionalità, elementi centrali intorno a cui ruota tutto il
contratto diventano il mezzo principale per il contenimento della spesa sanitaria,
attraverso un’intensificazione dello sfruttamento. Il piano sanitario
triennale, e ancora maggiormente il contratto appena firmato, sono espliciti
quando affermano che la professionalità va intesa come “modalità
necessaria alla ristrutturazione organica dei servizi” e quando dicono
che “l’adeguamento degli organici venga attuato mantenendo uno stretto
collegamento tra iniziative di riqualificazione ed ampliamento degli organici”.
PIU’ CHIARO DI COSI’!!!
La professionalità che oggi si cerca di far passare non è, come
affermano le iene sindacali, una condizione per il miglioramento dell’assistenza
sanitaria ma diventa un vero e proprio tentativo di distruzione politico e fisico
del proletariato ospedaliero. Ci ricordiamo tutti come nella fase precedente
la lotta sul mansionario era una delle forme di resistenza più vincente
e che dava più fastidio alle amministrazioni, determinando una rigidità
nell’uso che loro fanno della nostra forza lavoro. E’ principalmente
come risposta a questo comportamento di resistenza nostro che i padroni e i
loro lacchè sindacali hanno cominciato a battere grancassa sulla professionalità,
propagandata appunto come migliore capacità di assistenza, quando tutti
sanno che da sempre i lavoratori ospedalieri fanno tutte le mansioni, titolo
o non titolo; solo che se prima si potevano ribellare nei momenti di lotta rifiutano
il cumulo delle mansioni adesso, “professionalizzati”, col titolo,
quel tipo di spontaneità nei comportamenti di lotta diventa molto più
difficile. L’infermiere “professionalizzato” e reso così
“polivalente” regolamentato una volta per tutte nelle sue capacità
produttive, può e deve essere spostato in ogni buco, dovunque si verifichi
una carenza di organico. Risulta in questo modo notevolissima la differenza
tra i nuovi operai professionali e la vecchia figura degli infermieri professionali
di qualche anno fa. I primi sono già supersfruttai che si vedono imporre
grossi carichi di lavoro in cambio di un incentivo salariale che progressivamente
risulta vanificato dall’inflazione; i secondi invece erano delle “mosche
bianche”, una figura quantitativamente esigua, addetta a mansioni “pulite”
e soprattutto in passato, a controllare e, in qualche caso, a comandare la gran
massa dei lavoratori qualificati.
L’ “adeguamento delle piante organiche” poi, non significa
nei piani dei padroni nuove assunzionin e possibilità di fare turni meno
massacranti, ma ha il significato di una riduzione di personale che è
“professionalizzato” e reso mobile, e si vede imporre maggiori carichi
di lavoro e un’impressionante cumulo di mansioni. Tutto ciò comporta
di fatto un aumento notevole della nocività esistente nell’ambiente
e nelle condizioni di estrema precarietà in cui siamo costretti a lavorare.
Infatti oltre alla pericolosità del lavoro specifico di certi settori
e reparti come radiologia, radioterapia, che a pieno titolo sono e rimangono
al primo posto della graduatoria dei lavori più nocivi all’interno
degli ospedali, la nocività vive all’interno del posto di lavoro
sempre più un carattere strutturale che attraversa tutti i reparti e
le mansioni, senza “privilegiare” alcuno. E’ questo uno dei
prezzi che la borghesia oggi ci vuol far pagare per riuscire ad attuare il taglio
della spesa sanitaria e assistenziale. Gli aspetti concreti che ogni giorno
di più determinano queste condizioni sono ben noti a tutti i proletari
ospedalieri:
a) CARICHI E RITMI DI LAVORO. Ci troviamo a lavorare in corsie dove la quantità
di assistenza è sempre maggiore, in quanto ci si trova con malati gravi
e bisognosi di cure, con un organico sempre più ridotto all’osso.
Le conseguenze di tutto ciò sono continui sforzi fisici, che, dal punto
d vista della prevenzione della nostra salute, nel tempo, si traducono in vere
e proprie malattie professionali.
b) MANCANZA DI MATERIALI. Le condizioni precarie in cui siamo costretti a lavorare
per la mancanza di materiale aumenta notevolmente il rischio di contrarre malattie;
lo sappiamo bene cosa significafare delle medicazioni o pulire i malati sporchi
senza guanti, oppure senza l’uso di disinfettanti appropriati; lo sappiamo
bene, perché le scontiamo sulla nostra pelle! E questo non riguarda solo
la nostra salute, ma anche quella dei proletari già ammalati: nella situazione
di igiene precaria in cui sono tenuti in tutto il periodo di degenza, il più
delle volte finiscono per contrarre altre malattie: le infezioni incrociate
sono all’ordine del giorno!
E’ così che la borghesia intende risparmiare intensificando lo
sfruttamento, rendendoci disponibili ad essere spostati ovunque e a dover svolgere
una volta per tutte e per sempre nei reparti le mansioni dell’ausiliario,
del generico e del professionale, bloccando di fatto le piante organiche. Tutto
il discorso sulla professionalità inoltre si lega perfettamente a quello
della politica della “deospedalizzazione”. L’esempio più
chiaro di come oggi viene attuata questa politica è il periodo della
degenza del malato chirurgico; prima di assisteva a: 1) periodo preparatorio
all’intervento, che consisteva negli accertamenti diagnostici; 2) periodo
che consisteva nell’intervento; 3) periodo post-operatorio, in cui il
malato veniva riabilitato e poi dimesso. Oggi il 1) e il 3) vengono rimandati
ai poliambulatori, considerati le “strutture filtro” (e sappiamo
benissimo quali livelli di assistenza minima, se non inesistenti, queste strutture
offrono agli ammalati).
La tanto sbandierata “politica di prevenzione della salute pubblica”
che comporta la riforma sanitaria si traduce così solo in un restringimento
maggiore di quei livelli di assistenza già tanto schifosi che prima era
comunque possibile avere garantiti.
Alla riduzione del numero dei ricoveri, deve corrispondere una progressiva diminuzione
del personale impiegato ed una riqualificazione (con tutti gli effetti che quessto
comporta per noi) a tappe forzate dei lavoratori ospedalieri ceh così
possono essere impiegati in modo funzionale all’intervento di questa nuova
strutturazione del sistema di “assistenza sanitaria”. E’ evidente
che così la ristrutturazione interna agli ospedali, da una parte, e cioè
tutti quegli aspetti che determinano un peggioramento delle condizioni di vita,
economiche e politiche, di noi che dentro gli ospedali ci lavoriamo, e la ristrutturazione
più generale delal struttura del sistema sanitario, con tutti gli effetti
che questo induce nel peggioramento delle condizioni di assistenza sanitaria
ai proletari ammalati e nell’impossibilità ormai sempre maggiore
di curarsi decentemente e gratuitamente, sono le due facce di una stessa medaglia.
ALTRO CHE PROFESSIONALITA’ UGUALE MAGGIORE QUALIFICAZIONE DELL’ASSISTENZA
MEDICA!
Per attuare questi progetti criminali, l’apparato sindacal padronale usa
l’arma ricattatoria di una politica salariale differenziata con incentivi
di un milione l’anno per gli infermieri riqualificati, legando così
il salario alla professionalità (leggi sfruttamento ancora maggiore)
e quindi alla disponibilità del lavoratore di farsi anni di scuola al
di fuori dell’orario di lavoro, per poi essere in definitiva spremuti
peggio dei limoni.
Dopo che per anni abbiamo lottato per un drastico ridimensionamento del ventaglio
salariale in funzione di una maggiore unità di classe e per il soddisfacimento
dei bisogni di tutto il proletariato ospedaliero, ecco la durissima risposta
che si è data con l’ultimo contratto: aumento delle differenziazioni
salariali (ben due livelli), per quanto riguarda le qualifiche operaie, della
maggiore professionalità, e cioè di un maggiore sfruttamento e
di carichi di lavoro a cui i lavri sono chiamati a sottomettersi. Il discorso
è chiarissimo se non volete diventare dei robot supersfruttati, se volete
il riconoscimento delle mansioni effettivamente svolte senza subire tre anni
di ricatti, sacrifici, lavaggio del cervello, con le scuole di riqualificazione
professionale, ebbene, se non volete tutto questo, continuate a stare con una
paga da fame al 4° livello vita natural durante.
La professionalità e la mobilità oggi devono essere combattute
come i peggiori nemici, come il momento di massimo sfruttamento del proletariato
ospedaliero. Attorno a questi elementi che diventano il cuore del processo di
ristrutturazione negli ospedali, ruotano una serie di aspetti e momenti che
non sono certo di secondaria importanza: le scuole di riqualificazione e formazione
professionale, gli straordinari, l’introduzione di forme di lavoro tipo
part-time.
A) Le varie scuole di formazione di riqualificazione professionale assumono
una funzione sempre più rilevante all’interno dei programmi di
ristrutturazione del settore. La “professionalizzazione” a tappe
forzate del proletariato ospedaliero trova sin da oggi un momento di operatività
e di attuazione attraverso queste scuole che costituiscono di fatto il meccanismo
con il quale lo stato vuole riciclare in termini produttivistici e cioè
di SUPERSFRUTTAMENTO tutta la classe operaia ospedaliera. Ma oltre ad avere
questa funzione importantissima di selezione, rincoglionimento ideologico, politico
e di controllo rispetto al proletariato ospedaliero da qualificare queste cosiddette
scuole rappresentano una delle più grosse reti di lavoro nero di cui
il cpitale dispone a livello nazionale.
Nello specifico la progettazione di queste scuole avviene a livello internazionale.
Questi sono gli aspetti fondamentali di funzionamento di tali istituzioni: durata
triennale, che si divide a sua volta in un corso teorico e uno pratico (sfruttamento
tirocinio negli ospedali) per un totale complessivo di 4600 ore. Con il pretesto
di “imparare una professione” migliaia di giovani proletari, i cosiddetti
allievi, vengono spremuti come limoni nelle corsie degli ospedali nelle quali
sono costretti a LAVORARE (altro che imparare!) come e in qualche caso maggiormente
degli stessi lavoratori già assunti. Questi proletari sono soggetti ai
ricatti peggiori: mobilità selvaggia (quando manca del personale in un
reparto, l’allievo viene spedito a chiudere quella falla, e questo anche
in caso di sciopero del personale); se gli ispettori che compilano i turni di
lavoro sanno che quel giorno sono disponibili gli allievi, si preoccupano subito
di tagliare le “unità superflue” da quel reparto. Ricattabilità
derivante dall’estrema precarietà di quel ruolo che si esplica
con la selezione, con l’espulsione dalla scuola per chi esprime conflittualità,
con un controllo accuratissimo su ogni soggetto e i suoi comportamenti, per
cui di ogni proletario si chiede una scheda ricca di informazioni. E alla fine
del mese vengono (e neppure puntualmente) pagati per un cosiddetto “assegno
di studio” (dalle 80 alle 180mila lire) che costituisce in realtà
il prezzo miserabile del lavoro loro estorto.
Il ricorso massiccio a questa forma di supersfruttamento pagato una miseria,
la consistenza numerica di questi proletari impiegati come jolly in tutti i
reparti e in tutte le mansioni è tale che senza di loro moltissimi ospedali
di fatto si bloccherebbero. Le amministrazioni ospedaliere in questo modo dsi
garantiscono, oltre che con gli straordinari, la possibilità di coprire
i buchi nelle piante organiche del personale, che, il sostanziale blocco delle
assunzioni, sancito di fatto dal piano sanitario triennale e perfezionato nell’ultimo
contratto, ha reso permanente in tutto il settore.
Per gli allievi che si ribellano a questo stato di cose scatta quasi sempre
l’esclusione dal corso effettuata attraverso una “opportuna”
e “provvidenziale” bocciatura agli esami. Questo spessissimo significa
tornare al paese d’origine (i corsi non stanno in tutte le regioni, e
soprattutto al sud) senza la possibilità di trovare lavoro oppure essere
ributtati in una condizione di emarginazione e di estrema precarietà
del reddito nelle borgate e nei quartieri ghetto. Tutto ciò dà
la misura dei ricatti e della violenza a cui questi proletari sono sottoposti,
che se da una parte ha provocato e continua a provocare un antagonismo spontaneo
e irriducibile alla ristrutturazione e alle figure di comando e di controllo
su di loto, dall’altra parte ha permesso alle amministrazioni di usare
la loro forza lavoro in più di un’occasione per sostituire i lavoratori
in lotta, per dividere e frantumare il loro fronte e reprimere così più
facilmente il loro movimento.
Riuscire a legare in un programma di lotta del proletariato ospedaliero anche
i bisogni e le tensioni che queste figure esprimono, diventa una tappa fondamentalmente
necessaria nella costruzione di nuovi rapporti di forza e di potere all’interno
degli ospedali.
B) L’utilizzo di un’enorme massa di ore straordinarie (e con il
recente contratto no nviene stabilito nemmeno un tetto massimo ed anzi è
introdotta una clausola sulla possibilità di costringere i lavoratoti
ad effettuare ore di straordinario obbligatorio) che parte dei lavoratori f
per integrare un salario di merda, permette alle direzioni sanitarie di coprire
le carenze croniche di personale nei reparti senza per questo dover assumere
un ruolo proletario in più (una recente inchiesta della stessa borghesia
ha dovuto ammettere che le ore straordinarie effettuate in un anno negli ospedali
romani equivalgono a 7.000 posti di lavoro).
C) Infine appare per la prima volta nel contratto di giugno la possibilità
di utilizzo del part-time in alcuni casi. Al di là delle giustificazioni
demagogiche con cui ci hanno riempito la testa col part-time (il quale avrebbe
la funzione di permettere più tempo libero) questa forma di lavoro rappresenta
uno dei modi più schifosi di sfruttamento, che non assicura neppure un
livello minimo di sopravvivenza. Perché pagare otto ore a chi si trova
a lavorare in posti dove, aumentando abilmente ritmi e carichi di lavoro per
noi, questo può essere svolto in quattro ore? Non si può dire
certo che i padroni non sappiano fare i loro calcoli e giudicare le proprie
convenienze.
LOTTA ALLA PROFESSIONALITA’, ALLA MOBILITA’, AGLI STRAORDINARI,
STRUMENTI USATI PER INTENSIFICARE LO SFRUTTAMENTO E MANTENERE IL BLOCCO DELLE
PIANTE ORGANICHE, LOTTA ALLA POLITICA SALARIALE DIFFERENZIATA, STRUMENTO DI
DIVISIONE E RICATTO SUL PROLETARIATO OSPEDALIERO!
All’interno dei reparti inoltre stiamo assistendo ad una ripresa del comando,
dell’arroganza e del controllo su di noi da parte delle direzioni sanitarie,
degli ispettori, delle caposala, etc. Vediamo oggi di più come questi
squallidi esecutori dei progetti antiproletari si stanno attrezzando afar passare
le direttive capitalistiche della ristrutturazione della sanità con una
capillare rete di controllo e di comando sugli ospedali. Non è un mistero,
per es. che si siano intensificati i controlli su di noi, specie durante i turni
di notte, i più massacranti, con improvvise apparizioni di questi fantasmi,
per controllare se lavoriamo, con controlli sistematici sui cartellini, sull’assenteismo,
sempre pronti a schedare, diffidare, inviare provvedimenti disciplinari agli
elementi “pericolosi”, quelli cioè che non piegano il capo
accettando passivamente di essere sfruttati in modo bestiale. Nel portare avanti
quest’opera, questi topi di fogna trovano nel sindacato il loro degno
compare ed alleato. I bonzi sindacali, e becchini della lotta proletaria, non
paghi di farci continuamente una testa così sulla bellezza dell’efficienza
produttiva (e non ci stupisce che a loro sembri “bello” lo sfruttamento
di noi lavoratori), li vediamo attivissimi girare per le corsie individuando
e segnalando chi cerca di lottare ed organizzarsi sui propri bisogni, e premiando,
attraverso la ragnatela di potere che si sono costruiti negli ospedali sulla
nostra pelle, chi invece regge il loro gioco di sottile divisione e annullamento
della coscienza di classe.
Sono tutte queste figure dell’apparato burocratico, amministrativo e di
comando degli ospedali, cui si affiancano di volta in volta le baronie mediche,
che vedono messo in discussione dalla lotta proletaria il loro potere mafioso
e clientelare, che rappresentano uno dei piedi su cui marcia il rilancio della
produttività e l’intensificazione dello sfruttamento. Sono le direzioni
sanitarie prima e gli ispettori poi che pianificano i turni, gli straordinari,
la gente da comandare, i ritmi e i carichi di lavoro dentro gli ospedali e nei
reparti. Sono loro gli autori delle lettere di trasferimento divenute ormai
una prassi quotidiana, con cui il lavoratore diventa una trottola. Son sempre
loro che ci troviamo di fronte come controparte immediata quando lottiamo e
ci organizziamo sui nostri bisogni. Ed è contro questo apparato di comando
e di controllo che il proletariato ospedaliero e le sue avanguardie devono saper
portare un attacco durissimo trovando il massimo di forza e di unità.
LOTTIAMO CONTRO LE BARONIE MEDICHE E LA RIPRESA DEL COMANDO DA PARTE DELLE DIREZIONI
SANITARIE E DEGLI ISPETTORI DENTRO GLI OSPEDALI.
E’ nella lotta contro questi aspetti centrali della ristrutturazione
degli ospedali che l’organizzazione proletaria ed il movimento antagonista
del proletariato ospedaliero può e deve trovare la sua maturità.
E’ su questi punti che noi militanti comunisti delle Brigate Rosse, proponiamo
di riprendere l’offensiva dentro gli ospedali. Ed è all’interno
di questa offensiva che le nostre aspettative, i nostri bisogni, che per anni
abbiamo gridato, urlato nelle piazze, e per i quali abbiamo duramente lottato,
riprendono vita e forma reale all’interno di una prospettiva strategica.
Non rimangono mere illusioni o sogni, ma vivono con sempre maggior forza. E
con sempre maggior forza vengono imposti come obiettivi irrinunciabili del nostro
programma, in una prospettiva di superamento di questi schifosi rapporti di
produzione capitalistici, della produzione basata sul valore di scambio.
LAVORARE TUTTI LAVORARE MENO! IMPONIAMO IL DIRITTO PROLETARIO ALLA SALUTE!
Occorre però evitare confuzioi. Noi non pensiamo che oggi sia possibile(se
mai lo è stato) costruire nuovi rapporti di forza con programmi di lotta
che assomigliano sempre più a piattaforme alternative a quelle sindacali
(da contrattarsi con chi poi?) piuttosto che a momenti di costruzione reale
dell’antagonismo proletario in una prospettiva di potere. Chi invece pensa
questo (e anche se non lo pensa di fatto lo fa) ha preso lucciole per lanterne!
In qusto modo si ottiene solo l’effetto di porre i problemi, non di porsi
l’obiettivo concreto della loro risoluzione. E non ci si può più
illudere, né tantomeno si può fare illudere qualcuno, che il diritto
proletario alla salute, la riduzione dell’orario di lavoro, il problema
della disoccupazione, sono obiettivi che possono essere raggiunti agitandoli
ed inserendoli formalmente all’interno di pseudo piattaforme rivoluzionarie,
né che la loro risoluzione si dia nel breve periodo e venga risolta solo
e solamente in una singola lotta per quanto vasta e dura possa essere.
Oggi lo stato di crisi irreversibile a cui è giunto il MPC non lascia
spazi “mediati” per il raggiungimento di questi obiettivi. Oggi
la borghesia si appresta a sferrare colpi sempre più duri al proletariato,
alle sue condizioni di vita e alle sue forme di organizzazione (e i 24.000 in
CI alla FIAT che, malgrado un mese continuato di lotta durissima, sono passati,
rappresentano un caso lampante). Persino le poche briciole che in passato venivano
concesse al proletariato per soffocarei suoi bisogni immediati e politici, sono
diventati un ricorso del bel tempo che fu.
Ogni bisogno proletario, qualsiasi lotta per il suo raggiungimento, al livelloraggiunto
dalla crisi, quindi, non può essere più assorbibile all’interno
dei programmi capitalistici e di fatto si contrappongono in termini antagonistici
e di potere all’attuale modo di produzione.
La sola cosa che la borghesia può offrire ai proletari è la miseria
dello sfruttamento, una condizione sempre più estesa di precarietà
di reddito, di emarginazione, e la violenza dei suoi apparati militari. Raggiungere
realmente, e non facendoci prendere in giro con del fumo negli occhi, l’obiettivo
del LAVORARE TUTTI PER LAVORARE MENO, l’imposizione del DIRITTO PROLETARIO
ALLA SALUTE, significa una sola cosa: distruzione di questo modo di produzione….COMUNISMO.
E notoriamente, da che mondo è mondo, l’unico modo per non raggiungerlo
sono proprio le piattaforme più o meno alternative, più o meno
“rivoluzionarie”. Con questa chiarezza dobbiamo lottare ed organizzarci
per imporre questi obiettivi creando rapporti di forza sempre più favorevoli
al proletariato. Con questa chiarezza dobbiamo trasformare le tensioni, i bisogni,
e le aspettative che vivono ogni giorno dentro le corsie, nei reparti, negli
ospedali e la resistenza quotidiana alla ristrutturazione (come il mansionario)
in momenti offensivi ed istanze di potere. Ed è all’interno di
questo programma, all’interno del quale trova forza l’antagonismo
spontaneo e la creatività proletaria, che è possibile costruire
i livelli di mobilitazione dei lavoratori ospedalieri e le articolazioni del
Potere Proletario Armato dentro gli ospedali.
E’ su questo terreno ed in questa prospettiva che oggi debbono nascere
e crescere i nuclei clandestini di resistenza come primi momenti dell’organizzazione
stabile della classe in un’ottica di potere, che si misurano su di un
terreno di lotta alla ristrutturazione.
CONTRO LA MOBILITA’, LA PROFESSIONALITA’, GLI STRAORDINARI, STRUMENTI USATI PER INTENSIFICARE LO SFRUTTAMENTO E MANTENERE IL BLOCCO DELLE PIANTE ORGANICHE.
CONTRO LA POLITICA SALARIALE DIFFERENZIATA, STRUMENTO DI DIVISIONE E RICATTO SUL PROLETARIATO OSPEDALIERO!
CONTRO IL POTERE DELLE BARONIE MEDICHE E LA RIPRESA DEL COMANDO DELLE DIREZIONI SANITARIE E DEGLI ISPETTORI DENTRO GLI OSPEDALI!
PER LOTTARE NELLE NUOVE CONDIZIONI ORGANIZZIAMOCI IN NUCLEI CLANDESTINI DI RESISTENZA!
PER L’IMPOSIZIONE DEL DIRITTO PROLETARIO ALLA SALUTE!
LAVORARE TUTTI LAVORARE MENO!
PER LA COSTRUZIONE DEL POTERE PROLETARIO ARMATO DENTRO GLI OSPEDALI!
Per il Comunismo Brigata Ospedalieri
Colonna “28 marzo”