Biblioteca Multimediale Marxista
In questa fase storica, a questo punto della crisi, la pratica
della violenza rivoluzionaria è l'unica politica che abbia una possibilità
reale di affrontare e risolvere la contraddizione antagonistica che oppone proletariato
metropolitano e borghesia imperialistica.
In questa fase la lotta di classe assume, per iniziativa delle avanguardie rivoluzionarie,
la forma della guerra. Proprio questo impedisce al nemico di "normalizzare
la situazione" e cioè di ripor-tare una vittoria tattica sul movimento
di lotta degli ultimi dieci anni e sui bisogni, le aspettative e le speranze
che esso ha generato.
È importante ciò che dice Habasch:
«... l'incapacità di distruggere la rivoluzione in una determinata
fase è di per sé una vittoria per la rivoluzione. Attraverso questa
verità, la politica della violenza si cristallizza come una tradizione
delle masse, accelera e approfondisce il processo di formazione del partito...
si intensifica progressivamente fino a riportare sul nemico una schiacciante
vittoria. »
Certo siamo noi a volere la guerra!
Siamo anche consapevoli del fatto che la pratica della violenza rivoluzionaria
spinge il nemico ad affrontarla, Io costringe a muoversi, a vivere sul terreno
della guerra: anzi ci proponiamo di fa-re emergere, di stanare la controrivoluzione
imperialista dalle pieghe della società "democratica" dove
in tempi migliori se ne sta-va comodamente nascosta!
Ma, detto questo, è necessario far chiarezza su un punto: non siamo noi
a "creare" la controrivoluzione. Essa è 1a forma stessa che
assume l'imperialismo nel suo divenire: non è un aspetto ma la sua sostanza.
l'imperialismo è controrivoluzione. Far emergere attraverso la pratica
della guerriglia questa fondamentale verità è il presupposto necessario
della guerra di classe rivoluzionaria nel-la metropoli.
Fatta questa considerazione si capisce allora perché lo Stato imperialista
impegni tutte le sue forze per negare alla violenza proletaria qualsiasi valenza
politica. Si capisce. perché, con metodi di-retti o indiretti, esso cerca
di annientare qualsiasi forza che non escluda nel modo più assoluto dai
suoi metodi di lotta il ricorso a forme di violenza rivoluzionaria.
L'ordine sociale che lo Stato imperialista vorrebbe imporre pre suppone la riduzione
preventiva e generalizzata degli individui umani a "cose", in una
società di cose retta in tutte le sue regioni dalle leggi del mercato
capitalistico.
È l'ordine impossibile della soppressione delle contraddizioni, del puro
svolgersi quantitativo, dell'immutabile, della morte!
Come una bella attrice al volgere dei suoi anni e delle sue fortune, lo Stato
imperialista vorrebbe bloccare il tempo, fermare la storia, ma ciò —
nonostante la sua potenza — non è proprio possibile.
Anzi, ironia della storia, quanto più la legge del capitale si afferma
in tutti gli interstizi della vita sociale e si fa generale, assoluta, tanto
più genera, rendendo intollerabile la "qualità della vita",
nuovi bisogni di liberazione e più radicali movimenti di lotta.
Ecco, questa è la contraddizione che sta portando la borghesia imperialista
verso la sconfitta e che ci spiega perché essa non può ammettere,
né tollerare, contraddizioni e comportamenti di classe antagonistici;
perché non può riconoscerli se non come "devianze criminaloidi",
"terrorismo", "insorgenze irrazionali", per usare una divertente
definizione del ministro, "manifestazioni di follia ideo
. logizzante".
In questo quadro la pretesa inaccettabile della borghesia imperialista recita
così l'opposizione al regime per essere "politica" e con ciò
legittima e tollerata, non deve manifestarsi come antagonismo in atto. Cioè
deve accettare di svolgersi interamente dentro il cerchio magico tracciato dalle
sue leggi, dalle sue convenzioni e dai suoi codici di comportamento sociale
"normale". L'alternativa è: crimine!
Ferma questa pretesa, anche il concetto di "reato politico", mai negato
dalle democrazie liberali, non ha più spazio per resistere. Diventa una
contraddizione in termini: le due parti che compongono il concetto non sono
forse assolutamente incompatibili? Co-me dire, gli "atti" politici,
in quanto interni a leggi, patti, convenzioni, codici, non possono assumere
la forma di reati. Se ciò avviene vuoi dire che hanno sconfinato, dunque
sono crimini.
È fin troppo evidente che se questa tesi venisse accettata dalle classi
subalterne ne determinerebbe automaticamente la subordinazione perenne al dominio
della borghesia imperialista. Ma non c'è da spaventarsi perché
in realtà questa tesi-limite non si dà come storicamente possibile
in quanto il modo di produzione capitalistico non potrà mai impedire
lo sviluppo delle forze produttive e quindi l'insorgere delle contraddizioni
che determinano le con-dizioni dello scontro rivoluzionario.
Una nuova figura proletaria il "criminale politico" ovvero il guerrigliero urbano
La dichiarata contraddittorietà del concetto di reato
politico non porta, come potrebbe sembrare a prima vista, alla sua rimozione:
l'obbiettivo della borghesia imperialista non è infatti quel-lo di degradare
i militanti rivoluzionari, criminalizzando le loro azioni al basso rango di
"criminali comuni". Vi è sì la volontà di "andare
fino in fondo all'opera di criminalizzazione della lotta politica, definendo
criminali non solo i rivoluzionari, i compagni che lottano con o senza armi
alla mano contro il capitale multinazionale, ma tutti coloro che escono dalla
sempre più rigida norma giuridica e di comportamento fissata dalla borghesia";
ma l'operazione è assai più complessa e perfida ed è tutt'ora
solo confusamente delineata. Infatti se è vero che i militanti rivoluzionari,
in quanto interpreti di azioni classificate "criminali", vengono puniti
per questi "crimini" è anche più vero che, avendo essi
la pretesa di considerarsi in guerra contro lo Stato, totalizzano una pena speciale,
un trattamento speciale; criminali sì, ma criminali speciali!
Criminale speciale è sinonimo di "criminale assoluto" o anche
"anarco-nichilista", "terrorista". Ma se questi sono i termini
preferiti dagli specialisti della guerra psicologica, la figura politica che
essi oonnotano per gli apparati di repressione è molto meno in-determinata:
si tratta del nemico interno.
Negato a parole lo "status" politico del nemico interro viene perfettamente
riconosciuto nella sostanza del trattamento differenziato. Anzi, prima di tutto
per "ciò che è" e solo in seconda istanza "per
ciò che ha fatto".
La domanda centrale della borghesia imperialista non è più "che
cosa hai fatto". ma diventa "chi sei"? È la tua identità
che interessa più di ogni altra cosa perché è questa che
deve essere annientata. Il trattamento differenziato in tutte le sue fasi (lotta,
processo, prigione) è orientato proprio a questo scopo! liquidare la
tua identità.
Identità politica per il militante rivoluzionario significa prima di
tutto: partito. E nei principi, nella strategia, nel programma, nella disciplina
del Partito che egli autonomamente e liberamente si riconosce.
Ed è affermando nella pratica della guerra di classe questo patrimonio
proletario che egli viene riconosciuto dal popolo, per-ché il Partito
rivoluzionario è l'espressione più alta della maturità,
della coscienza, dell'organizzazione della classe. Nell'azione collettiva di
Partito il combattente comunista afferma la sua identità; nella negazione
di questa dimensione, attraverso la divisione, l'isolamento sociale, l'isolamento
di gruppo ed infine l'annienta-mento fisico, il poroo imperialista cerca di
distruggerla.
I tecnici della guerra controrivoluzionaria riducono l'azione collettiva ad
una somma di comportamenti individuali, li separano dalle loro motivazioni e
tra di loro; cosi facendo tentano di togliere loro la capacità di rappresentare
un messaggio. Quindi criminalizzano, li psichiatrizzano e li colpiscono per
distruggerli. I tecnici della guerra controrivoluzionaria negando il diritto
all'esistenza, all'antagonismo proletario organizzato, trasfigurano i militanti
in singole unità criminali, senza storia né spessore politico.
Più che di criminalizzazione bisogna parlare dunque di genocidio politico,
perché questa è l'essenza più profonda della contro-rivoluzione
imperialista.
Ma questo attacco al singolo militante, individualizzato e separato, non può
riuscire a cogliere, se non da un punto di vista tattico, una vera vittoria
sul Partito come coscienza collettiva, di classe. Paradossalmente infatti, a
mano a mano che la controrivoluzione imperialista vomita la sua violenza, matura
la forza rivoluzionaria e sfuggendogli la dimensione di Partito che marca l'azione
di ogni militante, pur riuscendo a distruggere singoli militanti, non riuscirà
mai a distruggere strategicamente il partito.
Al punto della sua massima forza controrivoluzionaria l'imperialismo svela la
propria miseria e la propria debolezza'
Il patto di mutua assistenza repressiva tra gli stati imperialisti
Una conseguenza logica della opposizione rigida tra "crimini"
e "politica" e dell'individuazione del guerrigliero urbano come nemico
comune di tutti gli Stati imperialisti, è la attuazione di un Patto di
mutua assistenza repressiva e di istituzioni trans-nazionali che lo rendono
operativo. Questo Patto ha il suo cuore nella convenzione europea per la repressione
del terrorismo". Ricordiamo perciò sinteticamente il problema.
Il progetto di questa Convenzione è stato messo a punto a partire dall'ottobre
'75 dal Comitato Europeo per i problemi criminali. Nel maggio '76 "vista
l'urgenza del problema" lo stesso Comitato approva una bozza che i 19 Stati
membri del Consiglio dei ministri della Comunità discuteranno e approveranno
a loro volta il 27 gennaio '77.
La Convenzione si compone di un breve preambolo e di sedici articoli. Nel preambolo
si sostiene che: « ... gli stati membri del Consiglio d'Europa... coscienti
della crescente inquietudine creata dal moltiplicarsi degli atti del terrorismo;
augurandosi che misure efficaci siano prese affinché gli autori di tali
atti non sfuggano al-l'incriminazione e alla punizione; convinti che l'estradizione
è un mezzo particolarmente efficace per raggiungere questo risultato
han-no raggiunto l'accordo sui vari articoli ».
Due sono gli articoli decisivi. Nel primo si elencano i reati che non saranno
considerati reati politici, o connessi- a reati politici, o ispirati da cause
politiche. E cioè: reati connessi a sequestri di aerei; reati gravi costituiti
dall'attentato alla vita, alla integrità fisica o alla libertà
delle persone che hanno diritto ad una protezione internazionale, compresi gli
agenti diplomatici, e si aggiunge « ... il tentativo di commettere uno
dei reati su citati o la partecipazione come correo o complice di una persona
che commette o cerca di commettere un tale reato ».
Nel secondo, forse temendo che qualcosa potesse sfuggire alla rigidità
dell'elenco precedente, gli estensori precisano che « ... per la necessità
di estradizione... gli Stati membri potranno non considerare politico ogni altro
atto grave di violenza diretto contro la vita, l'integrità fisica, la
libertà o i beni delle persone. O anche il solo tentativo di commetterli
». Dunque « ... convinti che l'estradizione è un mezzo particolarmente
efficace per combattere le manifestazioni del terrorismo internazionale»
gli Stati membri della Comunità « si associano in un Patto ».
Tecnicamente l'estradizione è un atto amministrativo internazionale di
mutua assistenza repressiva mediante il quale uno Stato consegna ad un altro,
o riceve da esso, un imputato o condannato per sottoporlo a procedimento penale
o all'esecuzione di una condanna.
Politicamente l'estradizione è uno strumento internazionale del-la guerra
di classe contro i rivoluzionari. Questo è il suo aspetto principale.
Questo Patto, ufficializzato con la Convenzione, fissa i nuovi livelli raggiunti
dal processo di internazionalizzazione dei modelli di repressione, attivi negli
Stati dello spezzone europeo della catena imperialista. E cioè fa propri
ed estende a livello continentale i contenuti degli impianti repressivi negli
Stati più potenti e contemporaneamente affida a nuove istituzioni transnazionali
il potere di renderli operanti nell'interesse comune. Questo processo di concentrazione
e centralizzazione della repressione imperialista in istituzioni trans-nazionali
è strategicamente funzionale alle necessità di intervento omogeneo
ed esteso su tutta l'area continentale e standardizzato al livello più
alto proprio delle maggiori potenze della catena gerarchica.
Tuttavia non dobbiamo trascurare un fatto: si tratta di una centralizzazione
che lascia ancora alle macchine repressive specifiche di ciascun paese margini
di intervento e di autonomia relativamente ampi e differenziati. Ciò
anche a causa della complessità e disomogeneità delle strutture
di classe e delle forze differenti di movimenti rivoluzionari nei diversi paesi,
che non consentono un andamento lineare e contemporaneamente alla operazione
di ristrutturazione, nella crisi, degli apparati di repressione-oontrollo.
Dal Patto di mutua assistenza repressiva all'organizzazione comune di polizia
Il processo di internazionalizzazione delle strategie politiche,
dei metodi e delle pratiche della guerra di classe controrivoluzionaria a livello
degli Stati Europei procede da vari anni. Futile enucleare alcune tappe salienti
di questo processo poiché, essendosi svolto con molta discrezione, per
non dire "clandestinamente", gli obbiettivi che esso ha già
consolidato non sono ancora sta-ti individuati dal Movimento rivoluzionario
nella loro portata strategica. L'esposizione cronologica ci appare la più
indicata per fornire una visione d'insieme del problema ( ).
Ii processo di concentrazione e centrallizzazione del potere del-la borghesia
imperialista in istituti sovrannazionali-transnazionali, lungi dal risolvere
il problema del rilancio dell'accumulazione a livello di sistema aggraverà
tutte le contraddizioni interne e per-ciò, anche, favorirà lo
sviluppo della guerra di classe. Ciò che però interessa mettere
in evidenza è che nella nuova situazione che il nemico di classe va costituendo,
l'azione rivoluzionaria e la risposta controrivoluzionaria vengono a trovarsi
in una relazione non simmetrica e non immediatamente deducibile dalle semplici
relazioni di potere (rapporti di forza) in cui apparentemente si trovano dentro
i singoli stati-nazionali, che per il proletariato metropolitano la contraddizione
classe-stato assume immediatamente il carattere di contraddizione antimperialista;
che questo non vuoi dire necessariamente tra classe e apparati sovranazionali,
ma contraddizione tra classe e determinazioni nazionali del potere imperialista,
vale a dire tra classe e Stato imperialista.
In breve: anche contro tensioni rivoluzionarie localizzate, interviene «
e ciò è possibile proprio per la nuova struttura del potere »
sempre tutta intera la forza, la tecnologia e l'intelligenza de-gli apparati
imperialisti. Il "piano CEE per la repressione del terrorismo", "l'organizzazione
comune di polizia", ecc., non sono semplici atti burocratici dei vari governi
o dei vari ministri, ma tatti nuovi che non devono essere sottovalutati perché
modificano i termini della guerra.
Gli apparati della controrivoluzione preventiva nel nostro paese
L'atto comune contro il terrorismo, stretto piú o meno
ufficialmente dai partiti del cosiddetto "arco costituzionale" a partire
dal gennaio del '77, è in un certo senso l'elemento necessario che consente
l'incastro della iniziativa controrivoluzionaria regionale dentro il piano europeo
abbozzato prima con l'impegno politico firmato dai capi di governo della CEE
nel giugno '76, poi con l'accordo poliziesco concordato ai primi di luglio '76
dai ministri de-gli Interni e, infine, con la convenzione europea per la repressione
del terrorismo.
Non a caso Andreotti introducendo il dibattito parlamentare ha fatto un esplicito
riferimento alla necessità di un sempre piú strette. accordo tra
la politica d'ordine continentale e l'iniziativa loca-le. Lo sviluppo di questa
iniziativa è sotto i nostri occhi e anzi piú si rafforza la capacità
offensiva delle forze rivoluzionarie piú esse accelera il suo corso.
Pur seguendo tempi propri, dovuti alla particolarità della situazione
italiana, questo processo è perfettamente omogeneo alle tendenze operanti
su tutta l'area continentale. Ne considereremo qui cinque direttrici fondamentali.
A - I corpi antiguerriglia
La direzione unificata a livello continentale dei processi
di riorganizzazione delle forze di polizia (sia sul piano tecnico che della
strategia operativa) e la tendenza a creare "forze antiguerriglia"
integrate tra i paesi della CEE, sono le principali forme di movimento della
controrivoluzione preventiva nell'area europea.
Interessa qui la forma attraverso cui questa tendenza si afferma nel nostro
paese. Come abbiamo visto vari corpi antiguerriglia europei trovano nell'esecutivo
della CEE la loro espressione politica e nelle riunioni periodiche dei ministri
degli Interni (cui partecipano i responsabili delle forze di polizia), oltre
che delle commissioni composte da alti funzionari dei diversi ministeri, il
loro strumento operativo ma è la NATO l'organismo politico-militare a
cui l'imperialismo affida il ruolo dirigente, sia per quanto riguarda la difesa
contro il "nemico esterno" che per l'annienta-mento del "nemico
interno".
L'integrazione tra "antiguerriglia" e "servizi segreti"
— a loro volta controllati continentalmente dalla NATO — lo dimostra
ampiamente. In pratica la ristrutturazione dei corpi di polizia procede su due
direttrici. Da una parte si sviluppa la collaborazione internazionale, dall'altra
si creano le basi per una organizzazione comune.
Gli obbiettivi della collaborazione internazionale sono l'innalzamento qualitativo
generale della capacità di risposta degli stati nazionali all'iniziativa
rivoluzionaria e l'unificazione della contro-guerriglia ai livelli piú
alti raggiunti dagli stati imperialisti dominanti. Questo non esclude la differenziazione
delle tecniche e delle strategie di fronte alle caratteristiche particolari
della guerra di classe nelle diverse aree. Al contrario, il "patto di mutua
assistenza" tra le forze controrivoluzionarie favorisce la tendenza alla
"specializzazione" e la elaborazione di nuove tecniche repressive,
sia concentrando l'intera forza dell'apparato imperialista contro tensioni rivoluzionarie
localizzate, sia riproducendo in forma generalizzata sull'intera area metropolitana
i risultati delle esperienze più avanzate. Ciò porta alla diffusione
su scala continentale di forme, tecniche, strutture organizzative simili per
vari corpi antiguerriglia.
A conferma di come questa tendenza trovi anche nel nostro paese il suo sviluppo
operativo occorre individuare le linee di movimento sulle quali il progetto
di controrivoluzione preventiva viene articolandosi. È pertanto di significativo
interesse — al fine di meglio esplicitare il nostro discorso — osservare
i termini in cui si è venuta affermando la ristrutturazione dei servizi
segreti, oggetto, sino a qualche tempo fa, di profonde lacerazioni interne che
ne riducevano in notevole misura le potenzialità operative. (Contraddizioni
che peraltro non sono affatto risolte). Ristrutturazione in chiave eflicientista,
finalizzata nella sua strategia a compattare e rendere attive tutte le forze
attualmente disponibili (in materia di apparati coercitivi) sulla base di un
programma di annientamento preventivo di tutte quelle insorgenze che esprimono
una tensione rivoluzionaria reale e che costituiscono perciò stesso una
fonte destabilizzatrice del sistema imperialista.
Sono quindi stati costituiti, su modello simile allo "Special Branch"
inglese due organismi: il SISMI (servizio informazioni sicurezza militare) ed
il SISDE (servizio informazione sicurezza democratica) i quali segnano indubbiamente
un salto di qualità rispetto al passato, quando due strutture parallele
— per quel che riguarda le attività di controguerriglia —
coesistevano all'interno dello stesso Stato, delle quali una faceva capo al
ministro degli Interni (NAT/SdS), l'altra direttamente collegata all'apparato
militare dei CC (Nuclei investigativi/Dalla Chiesa), ma operanti in modo del
tutto disomogeneo e addirittura in apertura rivalità tra loro. Nella
nuova riorganizzazione invece, tutte le strutture sono integrate e poste sotto
la direzione dell'esecutivo che essendo l'appendice politica, a livello nazionale,
dei centri del comando imperialista ne centralizza tutta l'attività.
Non stupisce di certo che la NATO abbia "premiato" per bocca di Andreotti
un corpo speciale qual è quello dell'arma dei carabinieri, ponendo alla
testa dei nuovi servizi di sicurezza due generali che in essa hanno ricoperto
e ricoprono incarichi di considerevole responsabilità: Gen. Santovito
e Gen. Grassini, rispettiva-mente capo del SISMI e del SISDE.
Da sempre infatti i CC sono la punta di diamante della controrivoluzione, e
non a caso, essendo parte integrante dell'esercito sono posti di conseguenza
sotto il diretto controllo della NATO che potendo disporre in tal modo di un
apparato efficiente, dotato dei piú sofisticati mezzi della tecnologia
moderna, fidato, con una complessa e capillare struttura che abbraccia l'intera
area nazionale, ne fa automaticamente l'asse portante di questo progetto. A
scapito naturalmente del Corpo di PS, il quale percorso da tutta una serie di
contraddizioni interne che ne rendono precario l'equilibrio, è ormai
ritenuto di scarsa fidabilità quand'anche non inquinato dai "germi
del sovversivismo" (vedi richieste di smili tarizzazione e democratizzazione
del corpo). È inevitabile quindi che i suoi margini di autonomia vengano
restringendosi di pari passo con l'accentramento di tutti i poteri nelle mani
dell'esecutivo. Si tratta di vedere ora questa ristrutturazione nei suoi termini
reali a partire dagli obbiettivi che nei tempi brevi essa intende realizzare
per poter essere all'altezza dei nuovi compiti che l'incalzare dell'iniziativa
rivoluzionaria pone allo Stato imperialista.
Questi sono nell'ordine:
a) aggiornamento delle strategie e delle tecniche;
b) adeguamento delle strutture e dei mezzi;
c) rinnovamento dell'istruzione e dell'addestramento;
d) impiego unitario e di coordinamento di tutte le forze di antiguerriglia.
Ovviamente i due nuovi servizi hanno funzioni differenziate essendo il SISMI
un organismo che assolve essenzialmente a funzioni di spionaggio e controspionaggio
militare, mentre il SISDE è preposto a organizzare l'annientamento della
guerriglia nelle sue espressioni organizzate, per cui è di quest'ultimo
che ci occuperemo più a fondo.
È comunque da rilevare che il compito cli coordinare l'attività
dei due organismi spetta al CESIS (Comitato Esecutivo per i Servizi di Informazione
e Sicurezza) che dipende direttamente dall'Esecutivo e più in particolare
dal presidente del Consiglio (che ne nomina i membri) al quale dovrà
fornire di volta in volta una analisi di tutti gli elementi e i dati trasmessi
dai due servizi, sviluppando al massimo il lavoro di ricerca e di elaborazione
dei medesimi, curando inoltre i rapporti di collaborazione-integrazione con
servizi analoghi operanti negli altri Stati della catena imperialista. Rispetto
alle mansioni che il SISMI e il SISDE svolgono, occorre tener presente che essi
funzionano esclusivamente da organi informativi e di direzione delle operazioni
di controguerriglia, senza peraltro intervenire specificatamente sul terreno
militare che spetterà invece ad alcune sezioni speciali dei vari corpi
di PS, CC, GdF.
Sono stati soppressi gli uffici politici distaccati nelle varie questure e sostituiti
in ciascuna di esse da una "Divisione per le Investigazioni Generali e
per le Operazioni Speciali" (DIGOS) che a loro volta fanno capo ad un "ufficio
centrale" alla direzione generale di PS. Si potrebbe essere indotti a credere
che in tal modo la PS resta ugualmente in grado di sviluppare autonomamente
i propri piani operativi, ma non è cosi se si considera che il settore
dell'informatica (decisivo in questo campo) è orinai, in larga misura,
sotto il totale controllo del SISDE e quindi dei CC. Essi hanno visto cosi accrescere
enormemente i loro poteri mantenendo pressoché inalterata la propria
"autonomia" (in tal senso hanno già provveduto a costituire
dei loro reparti operativi), configurandosi pertanto come il corpo strategico
della controrivoluzione preventiva in Italia.
Sotto la direzione strategica del SISDE operano quindi delle vere e proprie
sezioni speciali in funzione di braccio armato dello Stato imperialista. All'interno
di queste "sezioni" sono già state create delle speciali "squadre
anticommando" composte da uomini selezionati e altamente addestrati per
operare in concomitanza con altri reparti simili dei paesi CEE (tipo GSG - 9
tedeschi).
In due occasioni sono state effettuate azioni combinate con passaggio delle
frontiere, questo particolare, che rispecchia la logica di guerra applicata
all'imperialismo in diverse operazioni "offensive" (Entebbe, Mogadiscio)
è un segno indicativo del carattere internazionale che ha già
assunto la guerra di classe sul continente. Esso indica la determinazione imperialista
di risolvere con un intervento diretto quelle situazioni che squilibrano la
stabilità degli anelli deboli della catena.
Il ruolo di questi organi di polizia dello stato imperialista è quindi
quello di "braccio armato" dell'Esecutivo, cosi come tutti gli apparati
di dominio, di costrizione, di consenso forzato e di legittimazione. Tuttavia,
l'espressione "stato di polizia", da noi usata in precedenti documenti
per definire la militarizzazione progressiva delle istituzioni, può creare
confusione poiché non riflette esattamente il particolare rapporto che
intercorre tra riorganizzazione delle strutture dell'antiguerriglia e crisi-ristrutturazione
dello Stato imperialista. La crescita del peso politico di questi corpi speciali
e di chi li dirige nel nuovo assetto dello "Stato riformato", rappresenta
solo uno degli aspetti dell'attuale situazione: in realtà ad esso fa
riscontro una completa subordinazione di queste forze all'Esecutivo ed alle
sue direttive. La concentrazione del potere nelle mani dell'Esecutivo si realizza
indirettamente attraverso gli apparati di dominio.
Ogni allargamento dei poteri istituzionali delle forze di poli-zia in generale
e dei corpi speciali in particolare comporta in queste condizioni un rafforzamento
dell'Esecutivo dal momento che quest'ultimo esercita su di essi un controllo
diretto ed assoluto.
Quindi ciò che appare rafforzamento del particolare (apparati di polizia)
è in realtà solo una proiezione del processo di rafforzamento
dell'Esecutivo. Pertanto, gli scontri ricorrenti tra due corpi separati dello
Stato quali polizia e Magistratura — dove la prima rivendica a sé
maggiori spazi di autonomia rispetto alla seconda — non vanno interpretati
riduttivamente come manifestazioni "corporative", frutto della lotta
tra apparati burocrati-ci. Lo stesso discorso vale per l'impiego delle "circolari
interne" (provvedimenti amministrativi) che precludono al Parlamento ogni
possibilità d'intervento in questo settore. In effetti, che i vari corpi
speciali, nonché quelli di polizia, siano di fatto svincolati dal controllo
della Magistratura e del Parlamento, equivale per l'Esecutivo ad una maggiore
libertà di azione. Da una parte abbiamo la riorganizzazione degli apparati
repressivi ed il loro rafforza-mento per mezzo dell'ampliamento dei poteri e
la concentrazione; in tal senso vanno intese le leggi sul fermo di polizia,
la possibilità di interrogare i fermati, l'autorizzazione per la chiusura
dei "covi", le intercettazioni autorizzate non piú dal magistrato
ma dal ministro degli Interni, l'istituzione di un comitato di coordinamento
tra le forze di polizia. Dall'altra invece, la loro diretta
e totale subordinazione agli organi dell'esecutivo di cui la riforma-ristrutturazione
dei servizi segreti è un esempio quanto mai concreto.
Non è casuale che in tutti gli Stati imperialisti i servizi se-greti
siano posti al servizio dell'Esecutivo: del primo ministro in Gran Bretagna
e Francia, del cancelliere nella RFT, del presidente negli USA: in Italia il
presidente del Consiglio dirige entrambi i servizi per tramite di un Comitato
Esecutivo nominato, come abbiamo visto, dal primo ministro stesso, mentre prima
della riorganizzazione il SID dipendeva dal Capo di Stato Maggiore del-l'esercito.
Questa figura politica diviene cosí la massima "autorità
nazionale di sicurezza" avvalendosi per le sue deliberazioni di uno speciale
ufficio: l'USI (Ufficio Sicurezza Interna) il quale è strettamente collegato
alle determinazioni sovrannazionali dal comando imperialista e quindi con la
NATO. Infine è ancora il Presidente del Consiglio a decidere in merito
alla regolamentazione del "segreto politico-militare".
Dal momento che lo scontro di classe assume i connotati della guerra, anche
le funzioni dello Stato si integrano e la distinzione tra politico e militare
si risolve in unità. L'esperienza dei vertici interministeriali con la
partecipazione di tecnici e militari indica le forme verso cui evolve la struttura
di governo dello Stato imperialista: il comitato della crisi come dimensione
permanente dell'Esecutivo.
Un discorso a parte merita lo sviluppo di strategie e tecniche antiguerriglia
il cui obbiettivo fondamentale è la militarizzazione stabile dei poli
metropolitani e l'annientamento delle organizzazioni del movimento di resistenza
armata. Le direttrici sulle quali esso marcia sono:
— utilizzazione dell'informatica; introduzione di tecnica di "intelligence"
(psicologia, analisi del linguaggio, criptoanalisi...); applicazione dei modelli
di guerra nell'occupazione delle aree metropolitane e negli attacchi antimassa;
modelli militari di posto di blocco, squadre speciali per i combattenti urbani,
perquisizioni domiciliari regolate da leggi di guerra.
— strategie di coinvolgimento delle masse nella "gestione" del-l'ordine
pubblico: utilizzo dei mass-media, dei partiti, dei sindaca-ti, degli enti locali,
ecc.: come organizzatori del consenso e garanti della vigilanza e della "prevenzione
sociale in difesa dello Stato".
Annientamento politico-militare del movimento di resistenza proletario: questo
è l'obbiettivo perseguito dalla controrivoluzione preventiva. Militarizzazione
globale della vita sociale, organizzazione del consenso e mobilitazione reazionaria
delle masse, sono le forme complementari della guerra che l'imperialismo combatte
nel cuore della metropoli.
B - Il rafforzamento dei meccanismi e degli
strumenti di controllo e prevenzione
Nella guerra imperialista controrivoluzionaria la costruzione
di una rete di spionaggio totale preventivo è un fronte di attacco che
si fa ogni giorno piú importante.
«...ci troviamo di fronte ad un disegno dissennato che non ri
f fugge dall'uso di mezzi e tattiche nei confronti delle quali uno Stato che,
proprio per essere democratico, non dispone e non può disporre di mezzi
di controllo preventivo totale della vita sociale Si trova largamente disarmato...».
Questo lamento di Cossiga non ci deve trarre in inganno, infatti, gli esperti
della Trilateral gli suggeriscono che « ... ci sono dei limiti potenzialmente
auspicabili all'ampliamento indefinito della democrazia politica e questi limi-ti
— aggiungono — sono la condizione di una lunga vita delle democrazie
occidentali». Il problema sul terreno politico è dunque risolto!
si tratta di fissare questi "limiti" e le applicazioni dell'informatica
faranno il resto.
Nello Stato imperialista la tendenza è quella di massimizzare i controlli
sociali su tutta la popolazione e in particolare impiantare all'interno di ogni
istituzione fondamentale speciali sezioni di spionaggio.
L'uso dei sistemi informatici, di reti di calcolatori consente l'attuazione
pratica di questo progetto. Per loro tramite il controllo globale dei nemici
interni potrà raggiungere livelli mai guadagnati nelle precedenti dittature.
E nello stesso tempo l'area dei nemici interni" tenderà a dilatarsi
fino a coincidere con l'intera popolazione. Insomma lo Stato imperialista sta
preparando per tutti un regime di libertà vigilata!
Già oggi, del resto, varie reti di schedatura catturano in varia misura
informazioni su tutti noi. Ricordiamo qui solo le principali:
— controllo e spionaggio preventivo della forza-lavoro nei centri di produzione
e nel terziario attuato da polizia di fabbrica e agenzie private. La centralizzazione
dell'informazione viene poi effettuata dalle organizzazioni sindacali e padronali
(Confindustria, Intersind) ed eventualmente dai servizi di sicurezza dello Stato;
si ricorda a tal proposito "l'edificante" vicenda dello spionaggio
Fiat.
— servizi di informazione sicurezza militare (SISMI). La legittimazione
della schedatura globale e preventiva del settore militare è stata così
motivata dal solito Andreotti: « la schedatura è una brutta parola
che non bisognerebbe usare. Ma facciamo un esempio. Se ci fosse un autonomo
o comunque una persona nota per aver fabbricato e detenuto bottiglie molotov
non sarebbe proprio il caso di metterlo a guardia di una polveriera...».
Così per non correre rischi è meglio controllare tutti!
— schedature dei gruppi rivoluzionari, delle avanguardie politiche e sindacali,
dei partiti politici, con particolare riguardo a quelli genericamente di sinistra,
degli organismi di base, effettuata dalla divisione per le investigazioni generali,
dalla polizia giudiziaria, dal SISDE, ed in particolare dai "corpi speciali
antiguerriglia". Il solo "cervello" del ministero degli Interni
memorizza die-ci milioni di schede:
— schedature di tutti i carcerati e di ogni rapporto sociale che ognuno
di essi intrattiene. Il ministero di GeG dispone di quattro memorizzatori centrali:
due Univac (Corte di Cassazione e schedatura dei dipendenti del ministero);
un Honeywell (casellario giudiziario); un IBM (schedatura dei detenuti);
— schedatura politica di tutti gli studenti e loro organismi, diretta
e centralizzata dal ministero degli Interni attraverso l'ufficio attività
assistenziali italiane.
— schedatura del personale degli impianti strategici civili (ad esempio
il personale delle centrali nucleari) e controllo della popolazione di tutta
l'area circostante.
E l'elenco potrebbe continuare ancora a lungo.
Non dobbiamo sottovalutare l'applicazione dell'informatica al-la repressione
della lotta di classe perché essa porta con sé, insieme all'efficienza
dei calcolatori, l'ideologia che ci sta dentro ed il personale tecnico-militare
che li fa funzionare.
Il sistema informativo della polizia USA si chiama IBM. E così l'IBM
pubblicizzava questa sua realizzazione: « ... le conoscenze che abbiamo
acquisito sull'uso delle informazioni, e che ci permettono di seguire i battiti
di un cuore sulla luna, sono adesso messe a profitto dalla polizia per far rispettare
le leggi ».
I sistemi informatici sono monopolio delle multinazionali americane perché
oltre a garantire il dominio USA sull'economia mondiale (il settore elettronico
è il settore strategico del capitalismo avanzato), garantiscono la esportazione
dei suoi modelli di controllo, di un "modo di far polizia", ed esportano
perciò anche i livelli di repressione più alti maturati nell'anello
più forte del-l'imperialismo. Infatti l'esportazione di questi "sistemi"
non è solo l'esportazione di tecnologia avanzata, ma anche di un "rapporto
di produzione" di una precisa "ideologia". È la schedatura
americana che si impone nelle strutture di controllo di tutti gli stati della
catena imperialista. E, proprio per questo è anche la formazione di uno
strato di tecnici-poliziotti che dirigono il processo di spionaggio preventivo
e totale della popolazione.
Una volta c'era la "spia". Oggi, certo, questo triste mestiere svolge
ancora una propria specifica funzione, ma l'organizzazione multipla dei controlli
attraverso i "sistemi informatici" estesi in tutti i settori della
vita sociale, rappresenta un nemico ancora più insidioso. Quante sono
le informazioni su ciascuno di noi, su ciascun militante in generale, che lo
Stato imperialista immagazzina, centralizza, e può dunque sfruttare in
permanenza per rafforzare il suo dominio? È necessario approfondire la
nostra conoscenza dei "modelli antiguerriglia" rispetto ai quali viene
organizzata la raccolta delle informazioni, dei "sistemi" impiegati
e delle "reti di calcolatori" che essi collegano. È indispensabile
conoscere il personale tecnico-militare che dirige e fa funzionare questo specifico
settore della guerra. È importante attaccare queste reti di controllo
far saltare le sue maglie, disarticolare questi apparati e ciò a partire
dal personale tecnico-militare che li dirige, li istruisce e li fa funzionare
contro il proletariato.
C - Integrazione delle strutture giudiziarie come braccio dell'esecutivo
La riorganizzazione della Magistratura italiana ha come presupposto
fondamentale la riforma del codice di procedura penale. Questa è stata
decisa in una riunione congiunta dei ministri del-la giustizia dei paesi aderenti
alla CEE ed ha la funzione di unificare il sistema giuridico italiano con le
norme in vigore nei paesi europei ed in particolare con il sistema anglosassone.
Nel processo di eliminazione dei residui "liberali" che oggi si configurano
come punti deboli delle istituzioni dello Stato, si rea-lizza una ridefinizione
dei rapporti tra esecutivo e giudiziario funzionalizzata alla costruzione di
un fronte efficiente e privo di varia-bili contro la guerra di classe rivoluzionaria.
L'esecutivo tende ad assumere la forma di "comitato della crisi" per
la guerra interna. Questo processo implica il suo diretto controllo su ciascuno
degli apparati di coercizione. In questo quadro si comprende come l'Esecutivo
intervenga con attacchi organici contro ogni "tendenza autonomista"
e non controllabile della magistratura e che perciò si configura come
un ostacolo alla sua iniziativa controrivoluzionaria. Il processo qui accennato
comporta una ristrutturazione dell'apparato giudiziario che comunque non è
priva di contraddizioni
Il dato più importante è la riorganizzazione verticale dei massi-mi
organi giudiziari attuata con forza dall'Esecutivo attraverso il ministero di
GeG. Il senso di questa operazione è quello di dare alla magistratura
un assetto organizzativo tale, che faciliti il controllo dall'alto, nonché
una struttura gerarchica funzionale alla subordinazione dei settori periferici
alle direttive del centro. Piegata quindi ogni velleità "autonomista",
la magistratura si presenta come un apparato in cui la volontà dell'Esecutivo
si afferma dal centro alle articolazioni per mezzo di alcuni organi dirigenti
e strettamente legati tra loro e immediatamente subordinati allo "Stato
Maggiore della crisi".
Il principale di questi organi è il Consiglio Superiore della Magistratura
opportunamente riformato tempo addietro con l'inserimento a fianco dei magistrati
che Io compongono di un gruppo di "esperti" legati ai maggiori partiti.
Esso si caratterizza per la sua funzione determinante nel sistema istituzionale.
Per la sua struttura il CSM svolge un ruolo di trasmissione della volontà
del-l'Esecutivo, è il principale organo di controllo tra Esecutivo e
giudiziario. Inoltre la sua qualificazione tecnica ne fa un efficiente strumento
di consultazione e di coordinamento per la ristrutturazione della organizzazione
giudiziaria e dell'ordinamento giuridico.
Fa testo in questo senso l'intervento del CSM in occasione del processo di Torino
dopo l'azione Croce. Il massimo organo della Magistratura assume l'iniziativa
della sospensione dei termini di carcerazione preventiva; il governo apparentemente
si muove in un secondo tempo ratificando con decreto legge la decisione dei
giudici. Formalmente è l'esaltazione dello Stato di diritto, ma in realtà,
è la massima espressione di dipendenza dalle direttive del-l'Esecutivo.
Ai primi di maggio Bonifacio propone per la prima volta una serie di incontri
tra rappresentanti del governo, CSM e capi degli uffici giudiziari. Obbiettivo:
un'indagine con fini operativi sullo stato della Magistratura. A luglio si tiene
perfino un convegno sulle stesso argomento in cui il ministro Bonifacio convoca
oltre ai membri del CSM altri grossi funzionari dell'amministrazione giudiziaria.
È chiaro il fine di questi incontri, a parte il confronto tra le diverse
posizioni, è essenzialmente l'affermazione della linea stabilita dal
governo.
Lo spazio di "autonomia residua" concesso alla magistratura è
limitato alle modalità di applicazione di queste direttive: inoltre il
CSM si configura come garante della corrispondenza tra l'assetto interno della
magistratura e gli obbiettivi contingenti della politica dell'Esecutivo. Si
tratta non solo del controllo sul corretto funzionamento e l'applicazione delle
direttive, ma anche del mantenimento dello "status quo" all'interno
dell'amministrazione e quindi della ratifica dei provvedimenti disciplinari,
ecc.
Per questo il CSM è anche l'organo materiale attraverso cui si realizza
il comando dell'Esecutivo sulle strutture giudiziarie. A conferma di ciò
è esemplare il provvedimento con cui il CSM esautora dalle loro funzioni
alcuni giudici di sorveglianza, rei di aver applicato alcune norme della riforma
penitenziaria in una chiave opposta a quella voluta dall'Esecutivo. Ancora più
pesante è l'iniziativa del vice presidente del CSM Bachelet che su direttiva
di Bonifacio e del governo incarica i procuratori generali di indagare sulle
dichiarazioni politiche di appartenenti a "Magistratura
Democratica" accusandoli di affermazioni in contrasto con l'ordine democratico.
Infine come ultimo e clamoroso esempio attraverso cui questo disegno prende
corpo e si palesa in tutte le sue implicazioni, val la. pena qui, mettere bene
in evidenza la "ragion di stato" che ha indotto il CSM a decretare,
per bocca dei suoi diretti collaboratori, l'assoluzione in favore dei fascisti
di ON a Roma ed ai loro degni camerati, Servello in testa, a Milano. È
evidente come queste assoluzioni siano state "suggerite" al CSM dall'Esecutivo
quale contropartita per i servizi resi dai fascisti in altri tempi e in cambio
di quelli che ancora dovranno rendere allo Stato imperialista nella loro qualità
di forze di complemento, strumenti di controguerriglia psicologica (con Occorsio
infatti si tendeva propriamente a gettare lo scompiglio e la confusione nella
sinistra rivoluzionaria e fare da contraltare all'azione Coco), sino a rivestire
il ruolo di squadre della morte alle dipendenze dei servizi segreti. Emerge
quindi chiaramente il legame organico che nel caso specifico unisce Magistratura
ed Esecutivo, questo è il dato saliente; ostinarsi a credere nella presunta
"autonomia" della Magistratura equivale a porsi su di un piano puramente
idealistico quindi al di fuori di qualsiasi interpretazione della realtà
presente.
Questo conferma inequivocabilmente una integrazione ed una subordinazione funzionale
al progetto politico di cui l'Esecutivo è portavoce.
Naturalmente anche questo processo non è assente da contraddizioni, ma
non si tratta, come affermano le correnti democratiche in seno alla Magistratura
di una generica contraddizione tra "reazionari" e "progressisti".
Questi ultimi vorrebbero che il Par-lamento e le forze politiche che in esso
sono rappresentate esercitasse un controllo democratico sulla attività
della Magistratura, mentre viceversa i reazionari sostengono la linea dei "corpi
separati". In realtà entrambe queste linee sono perdenti rispetto
a quella che identifica il proprio ruolo all'interno della linea di "integrazione
delle strutture giudiziarie come braccio dell'Esecutivo". Questa è
attualmente la forza egemone, perno centrale della Magistratura, su cui l'imperialismo
ha puntato le sue carte.
A fianco del CSM l'Esecutivo si avvale di altri organismi per esercitare il
controllo sulla Magistratura, quali ad esempio: procuratori generali di Corte
d'Appello, Capi degli Uffici istruzione.
Parallelamente alla riorganizzazione verticale dei massimi organi giudiziari
si afferma la tendenza alla "specializzazione" dei magistrati in particolari
settori dell'attività giudiziaria. Questo pro-cesso si manifesta nella
formazione di nuclei e uffici speciali di magistrati addetti ai procedimenti
relativi a reati particolari: "terrorismo", sequestri di persone...
Connessa e complementare a questa è l'iniziativa di concentrare i processi
per "terrorismo" "eversione" e sequestri, nei Tribunali
delle città capoluogo di distretto di Corte d'Appello, iniziativa che
— per quanto ci riguarda — porta diritto ai tribunali speciali.
Si realizza qui la completa subordinazione ed integrazione del giudice alle
direttive delle forze antiguerriglia e inoltre il massimo controllo dell'Esecutivo
sulla conduzione e lo sviluppo di indagini che investono le forze che praticano
la guerra di classe rivoluzionaria.
D - Ristrutturazione del carcerario
Le strutture dei Campi di Concentramento e la riorganizzazione dell'ordinamento
carcerario sono parte integrante del disegno di ristrutturazione imperialista
dello Stato, non si tratta solo di "adeguamento" degli apparati di
dominio controrivoluzionario ad una fase diversa, superiore, della guerra, ma
di una condizione, di una premessa indispensabile per il salto di qualità
che caratterizza nel suo divenire lo Stato imperialista.
L'urgenza e la cura con cui l'esecutivo sta affrontando la questione carceraria
dimostra il peso che la borghesia attribuisce a questo settore dello scontro
di classe nella fase attuale.
La controrivoluzione procede con lugubre metodicità. Essa è impegnata
a "normalizzare" le condizioni di ordine all'interno delle carceri,
a sbaragliare uno strato di classe attualmente debole e isolato! il proletariato
prigioniero. Ma le prospettive sono ben altre. Come abbiamo visto il progetto
imperialista si snoda intorno ad un asse principale, la costruzione e il potenziamento
di organismi sovranazionali di direzione e controllo.
A queste centrali, le potenti multinazionali e la borghesia imperialista che
ne è l'espressione, affidano il compito di ristrutturare gli Stati-nazionali
sul filo di una controrivoluzione preventiva continentale. È in questo
quadro generale che va compresa la sempre più stretta integrazione delle
strutture militari di re-pressione e la loro specializzazione in magistratura
antiguerriglia, corpi speciali antiguerriglia, carceri speciali e cioè
campi di concentramento.
Asinara, Favignana, Fossombrone... si legano direttamente tanto sul piano dei
contenuti politici che su quello degli obbiettivi militari. alle strutture di
concentramento per i compagni della RAF in Germania ed a quelle per i militanti
dell'IRA in Inghilterra. Tanto i Stammheim che l'Asinara sono gli esempi verificabili
di che cosa intendiamo per ristrutturazione imperialista del settore carcerario
in funzione antiguerriglia.
Qui come là è l'Esecutivo che si assume direttamente il compito
di dirigere e coordinare, tramite una apposita commissione, ciò che in
essi accade o che si vorrebbe che accadesse.
Controrivoluzione preventiva continentale, campi di concentramento, sono il
segno di un salto di qualità avvenuto nella lotta di classe, lo Stato
imperialista è costretto a scendere sul terreno diretto della guerra
nel confronto con il movimento .di resistenza proletario. Si determina il passaggio
ad una nuova fase in cui il rapporto tra le due parti resta unicamente definito
dalle forme della guerra di classe.
"Le scelte di guerra, come i nuovi campi di concentramento non sono solo
la risposta repressiva ai singoli fenomeni eversivi che si verifica, ma una
scelta irreversibile in quanto organica alla ristrutturazione imperialista,
che oltre a neutralizzare i comunisti catturati li trasforma in ostaggi. È
superfluo far notare che il trattamento riservato ai prigionieri di guerra,
esplicitamente, non viene fatto discendere da motivi contingenti e provvisori,
ma è la condizione permanente ed immutabile posta dal potere. Non è
l'attività del singolo detenuto che conta, bensì la sua figura
politica (o anche solo sociale per i 'comuni' dato lo scarso grado di integrazione
sociale esistente in Italia rispetto agli altri paesi) nella lotta che il proletariato
conduce. Questa politica di guerra ha uno scopo unico: l'annientamento del prigioniero
di guerra".
Dove l'aspetto dell'annientamento fisico è direttamente funzionale e
subordinato all'obbiettivo della distruzione della sua identità politica
e personale.
"Su tutta l'area metropolitana il combattente antimperialista prigioniero
è considerato un ostaggio nelle mani dello Stato che tende a sviluppare
nei suoi confornti una duplice azione: da un lato un trattamento orientato alla
progressiva distruzione della sua identità politica, volontà,
personalità, attraverso l'isolamento individuale o per piccoli gruppi
e una continua opera di destabilizzazione verso livelli di pura sopravvivenza;
dall'altro, il suo utilizzo propagandistico in funzione deterrente verso le
forze rivoluzionarie e proletarie.
"Su tutta l'area metropolitana a questo trattamento di guerra il movimento
rivoluzionario è impegnato a rispondere con azioni di guerra.
"È bene fare la massima chiarezza su questo punto. I campi non sono
un bubbone in corpo sano, deviazioni delle "norme democratiche", residui
medioevali o casi "deprecabili" di ritardo nel-l'applicazione della
riforma. I campi sono la punta avanzata della riforma. Sono l'altra faccia dei
"carceri aperti" e materializzano il suo principio cardine: il trattamento
differenziato" (2).
Si determinano, con la istituzione dei campi, nuove condizioni in cui la catena
di trasmissione del potere collega direttamente il Campo ai vertici del Ministero
di Grazia e Giustizia, degli In-terni, della Difesa, le responsabiltà
politico militari di ciò che in essi succede va assegnata in primo luogo
all'esecutivo. Questo processo è in pieno svolgimento e non è
privo di contraddizioni.
Esso infatti si svolge in un sistema istituzionale che contempla il potere legislativo
e il potere giudiziario ancora formalmente autonomo e indipendente. La massima
dimostrazione di forza dell'Esecutivo coincide quindi con l'evidenziarsi di
contraddizioni. Progetto imperialista e strutture istituzionali entrano in conflitto,
ed il primo tende a prevaricare ed adattare a sé le seconde.
È da questa contraddizione che nasce una "opposizione democratica".
Un settore della borghesia, pur non essendo in antagonismo con gli obbiettivi
strategici dell'imperialismo è costretto a lottare per la conservazione
degli spazi di potere che occupa nella struttura istituzionale.
L'atteggiamento di questa "opposizione democratica" nei con-fronti
della lotta proletaria antimperialista ha un carattere duplice. Da una parte,
in quanto componente del quadro imperialista, si fa essa stessa aperta controrivoluzione,
non solo come organizzatrice del consenso a livello di massa, ma soprattutto
come intermediaria per la mobilitazione del popolo in difesa dello Stato. Dall'altra
essa punta al controllo della "spinta, a gestire l'opposi zione" dopo
averla epurata delle componenti "eversive". E ciò per rafforzare
il proprio peso nello scontro politico di potere con gli altri settori della
borghesia.
Stante queste condizioni oggettive vi è anche la possibilità di
uno scontro tra le componenti della borghesia; la precarietà del quadro
politico fondato sull'accordo di maggioranza parlamentare (appena nato e già
in crisi) ne fa testo. In pratica però queste contraddizioni possono
evolversi solo in conseguenza dell'iniziativa delle forze rivoluzionarie.
La lotta di classe costringe le forze politiche a prendere posizione. Nel caso
delle "carceri speciali", una ripresa dell'iniziativa proletaria avrà
una duplice conseguenza: disarticolare, con il progetto dei Campi, una punta
avanzata della controrivoluzione; approfondire le contraddizioni dello stesso
progetto di ristrutturazione dello Stato imperialista che rendono possibile
lo sviluppo di uno scontro di potere all'interno del blocco dominante.
Il tentativo di fuga da Favignana ha dimostrato non solo la debolezza politica
di questo progetto, ma anche tutta una serie di contraddizioni: strutturali
che vanno sottolineate. In prime luogo lo scontro latente tra l'organizzazione
dei "servizi di sicurezza e-sterni" — reparti speciali dei CC
diretti dal Gen. Dalla Chiesa — e le strutture dell'amministrazione penitenziaria
che fanno capo al ministero di GeG. Una contraddizione che ha origine nella
struttura istituzionale cioè nella divisione dei compiti e di potere
stabilita per tradizione dagli apparati di comando dello Stato.
La creazione di organismi per il coordinamento per la riorganizzazione del settore
carcerario, come la Commissione presieduta da Buondonno e Dalla Chiesa (della
quale faceva parte il giudice Palma giustiziato dalla nostra Organizzazione),
se rappresenta il segno della volontà dell'Esecutivo di superare questi
limiti, cioè la tendenza a superare il particolarismo determinato dagli
interessi "locali" in funzione di un interesse superiore e generale
(quello della difesa dello Stato imperialista), deve fare comunque i conti con
questa realtà. Dopo sei mesi di sforzi il ministro non è riuscito
ancora a fare di Favignana un "carcere speciale", e queste perché,
prima la direzione e poi le guardie hanno ostacolato e anche sabotato questo
progetto. A Nuoro, le guardie hanno minacciato di abbandonare il servizio contro
la proposta di istituire un "carcere speciale". A Trani, durante il
sequestro di alcune guardie da parte di detenuti c'è stato uno scontro
fisico durissimo tra i CC che pretendevano di entrare con la forza a liberare
gli ostaggi e i colleghi dei sequestrati che hanno imposto una soluzione "pacifica".
Lo stesso tipo di contraddizioni si manifesta negli alti vertici delle gerarchie,
come quando contro la nomina di Dalla Chiesa a coordinatore della sicurezza
interna-esterna delle carceri si sono schierati l'Ispettore Generale delle carceri
Altavista che ha pro-testato per "la interferenza dei CC nella amministrazione
penitenziaria e addirittura il fu comandante dell'Arma Gen. Mino che si è
sentito scavalcato nelle sue competenze dalle decisioni del governo".
La struttura di comando "parallela" che affianca i direttori delle
carceri speciali e che dipende direttamente dagli organi militari dell'esecutivo,
è stata istituita proprio perché risponde alle esigenze di realizzare
un controllo diretto sul trattamento dei prigionieri che parta dal centro, e
quindi di sottrarre competenze e potere agli organi locali. In altre parole
per contrastare le tendenze partioolaristiche (corporative) che a tutti i livelli
ostacolano il piano imperialista.
E - La mobilitazione reazionaria delle masse attraverso i mass-media
« L'operaio dovrebbe sempre sapere che il giornale borghese
(qualunque sia la tinta), è uno strumento di lotta mosso da idee e da
interessi che sono in contrasto coi suoi. Tutto riò che stampa è
costantemente influenzato da un'idea: servire lo classe dominante, che si traduce
in un fatto: combattere la classe lavoratrice ». Così scriveva
Gramsci sull'Avanti nel 1916.
La stampa della borghesia ha sempre avuto questa funzione, ma il salto di qualità
sta nel fatto che ora la direzione politica reale degli organi di informazione,
è stata centralizzata e assunta in prima persona dall'Esecutivo dello
Stato imperialista.
La RAI, i principali quotidiani e settimanali, sono diventati delle vere e proprie
succursali dell'ufficio stampa del Ministero dell'Interno, e i giornalisti,
che gestiscono le veline governative che ispirano l'azione controrivoluzionaria,
sono veri e propri agenti distaccati di questo Ministero. Il controllo totale
sulla stampa non va comunque scambiato con la censura, che di questo è
solo un aspetto. Quello assegnato agli organi di stampa è un ruolo attivo,
organico e funzionale alla strategia delle multinazionali, è una parte
integrante della ristrutturazione dello Stato.
Villy Brandt spiega così la funzione dei mass-media dello Stato imperialista!
« ... Immunizzare la società contro la rivoluzione tramite una
tranquilla e decisa affermazione della situazione norma-le ». E precisa:
« il nichilismo criminale può essere combattuto con maggiore efficacia
se la paura non diventa oggetto di calcolo politico e giornalistico ».
È lo stesso punto di vista esposto da Andreotti. Quest'ultimo infatti
ha dichiarato che:
« i giornalisti possono aiutarci con successo nel rasserenare gli animi
».
La tesi è molto esplicita: militarizzare i mezzi di comunicazione di
massa e i loro tecnici, intruppandoli come funzionari della guerra psicologica
sotto la direzione dell'Esecutivo.
Agghiacciante ma perfettamente in linea con le direttive della Trilateral Commission.
Secondo i cervelli dell'imperialismo infatti la "libertà di stampa"
va bene, ma solo in dosi modeste. Essendo possibili "gli abusi" si.
impone allo Stato la esigenza di: "assi-curarsi il diritto e la possibilità
di negare le informazioni all'origine; ... regolamentare i valori professionali
dei giornalisti e, ...in casi eccezionali anche procedere alle restrizioni preventive
ritenute necessarie.
Nello Stato imperialista, in cui la famiglia e la scuola perdono a ritmo accelerato
gran parte delle loro funzioni integrative tradizionali. i mezzi di comunicazione
di massa sono apertamente utilizzati come strumenti fondamentali di socializzazione
delle mas-se (e oioè di trasmissione di "valori, modelli di comportamento
di base..."). Per questo la questione del loro "controllo" è
di così fondamentale importanza
La "funzione formativa" (formativa del consenso alla politica dell'Esecutivo)
tende a subordinare tutte le altre, e la "funzione informativa" si
riduce alla costruzione capitolo dopo capitolo, della favoletta da somministrare
come una pillola tranquillante alle masse espropriate di ogni controllo e di
ogni alternativa.
La liquidazione rassicurante attraverso i mass-media dei comportamenti di classe
antagonistici e, indirettamente, delle forze di classe che per loro tramite
manifestano i propri bisogni, è la premessa necessaria alla loro liquidazione
violenta mediante azione dei "corpi speciali".
La "funzione politica" dei mass-media è dunque quella di costruire
una mobilitazione permanente in senso reazionario del-le masse; di fabbricare
l'identificazione di ampi strati proletari con i provvedimenti più repressivi
che lo Stato si incarica di attuare: di organizzare il consenso sulla liquidazione,
anche fisica, dei "nemici interni".
Nelle moderne redazioni dei grandi giornali, in cui ogni giorno si scompone
e ricompone Io scontro di classe secondo i fini di dominio della borghesia imperialista,
siedono i nuovi tecnici della controguerriglia, gli specialisti della guerra
psicologica, i funzionari della violenza controrivoluzionaria che spianano il
terreno ai killer dei corpi speciali. Sono i fabbricatori di "mostri"
che precedono nella guerra moderna gli annientatori dei militanti rivoluzionari.
E' in queste redazioni che le cosiddette "strategie del low profil"
(profilo basso), ossia di interventi indiretti contro i movimenti proletari,
prendono corpo e si concretizzano in "operazioni psicologiche" che
si propongono di influenzare gli atteggiamenti del proletariato conquistare
"i cuori e le coscienze", screditare la guerriglia, incoraggiare al
suo interno divisioni, insinuare il sospetto, abbattere il morale.