Biblioteca Multimediale Marxista
Negli ultimi anni c in modo particolare in quello appena tra-scorso
i comportamenti antagonistici della classe si sono radicalizzati ed estesi in
misura tale che non ci appare affatto improprio parlare di guerra civile strisciante.
Stando ai dati ufficiali, solo nel '77 sono state compiute oltre duemila azioni
offensive e nel solo mese di gennaio '78 oltre trecentocinquanta. Il tutto distribuito
su cinquanta province e un centinaio di città.
Chiamiamo Movimento di Resistenza Proletario Offensivo (MRPO) l'area dei comportamenti
di classe antagonistici suscitati dal-l'inasprimento della crisi economica e
politica, chiamiamo MRPO l'area delle forze, dei gruppi e dei nuclei rivoluzionari
che danno un contenuto politico militare alle loro iniziative di lotta anticapitalistica,
antimperialista, antirevisionista e per il comunismo. È chiaro che il
concetto di MRPO non riflette un movimento piatto, omogeneo, ma piuttosto un'area
di lotta e di "movimenti parziali" molto differenziati e però
legati da un comune denominatore: il processo di crisi-ristrutturazione trainato
dalla borghesia imperialista.
' Essendo suscitato da potenti cause economiche e politiche esso cresce e si
spande a dispetto di chi lo vorrebbe imbrigliare ne-gli argini di un legalismo
ad oltranza" e nonostante ci appaia alla sua superficie come una congerie
di "movimenti parziali" senza connessione o come disordinata esplosione
di "nuclei combattenti" (oltre cento negli ultimi mesi) esso in realtà
è un movimento unitario solidale e duraturo.
A questo punto riteniamo sia utile soffermarci brevemente sull'analisi della
nuova composizione di classe che, in seguito al processo di crisi-ristrutturazione
si è venuta producendo sulla base strutturale, dando origine ad una realtà
estremamente composita e variegata nelle sue determinazioni di classe che va
sotto il nome di Proletariato Metropolitano (PM).
Occorre quindi definire organicamente le figure sociali che connotano la soggettività
di cui il MRPO è direttamente espressione tenendo sempre che solo il
proletariato — sulla base della sua oggettiva collocazione di classe —
è il fattore che introduce nella storia un interesse concreto al rifiuto
della proprietà privata dei mezzi di produzione, ponendo in tal modo
le premesse per la distruzione del capitalismo e l'instaurazione della sua dittatura.
L'insieme degli strati sociali che — in quanto separati o via via esclusi
da qualsiasi forma di proprietà — gravitano all'interno del proletariato
metropolitano, esprimono ciascuno dei movimenti parziali i quali pur agendo
su un piano di autonomia politica relativa, sono però determinati nel
loro movimento e nella loro possibilità storica di liberazione da quello
che fra tutti rappresenta la forza strategica: la classe operaia. È questo
il baricentro, a partire dal quale può sin d'ora, costruirsi l'unità
dei vari movimenti parziali; unità che non si dà per aggregazione
spontanea dei medesimi, ma attraverso il loro allineamento sulla prassi di lotta
sviluppata dalla classe operaia. L'unificazione del MRPO è un pro-cesso
mediante il quale si realizza la sintesi dialettica degli interessi dei vari
movimenti parziali attorno a quelli immediatamente antagonisti della loro componente
strategica, e questo processo che non è spontaneo può essere organizzato
solamente da un Partito d'avanguardia che assolva ad una funzione d'avanguardia.
La classe operaia resta quindi il centro motore del processo rivoluzionario
nonché la sua direzione politica, seppure all'interno di essa siano venute
producendosi profonde modificazioni che non ne fan-no più una realtà
omogenea e che pertanto sarà bene esaminare.
Classe operaia
Va considerato qui separatamente il contingente dei salariati delle grandi fabbriche
urbane e delle piccole e medie industrie. Classe operaia delle grandi fabbriche
urbane.
Può suddividersi in tre strati:
al Operaio massa: è quello cioè che lavora alla catena e nei
reparti ad alto quoziente di nocività, sottoposto ai ritmi piú
massacranti; è anche quello meno tutelato nei suoi interessi pur essendo
il più produttivo, paga in tal modo lo scotto della sua combattività.
Costituisce indubbiamente lo strato piú rivoluzionario che ha contribuito
e contribuisce in maggior misura allo sviluppo della lotta di classe in tutte
le forme in cui si manifesta: legali ed illegali, dal gatto selvaggio al sabotaggio,
dalla occupazione delle fabbriche alla dura punizione dei capi, dirigenti, fascisti,
sino a diventare il nucleo centrale della lotta armata per il comunismo.
b) Operaio professionale: si tratta per lo piú di quei settori di aristocrazia
operaia che compongono la figura del lavoro professionale, tuttavia l'introduzione
di una tecnologia sempre piú avanzata e la progressiva divisione del
lavoro ne riducono i ranghi a percentuali poco significative. A voler essere
piú precisi si può addirittura affermare che I'OP in quanto tale
non esiste piú e che il termine, almeno nel contesto attuale, indica
piuttosto l'operaio qualificato, che è cosa assai diversa dal OP vero
e proprio. Infatti se la professionalità sottintende una qualificazione
adeguata (intesa come addestramento), la qualificazione per contro ,non implica
affatto la professionalità trattandosi semmai di adeguamento delle qualità
della forza-lavoro alla nuova composizione organica del capitale. Questo tipo
di operaio gode di alcuni "privilegi" quali una relativa stabilità
del posto di lavoro, un lavoro qualitativamen minazione dei ritmi e una parziale
autonomia di decisione nelle te superiore, non ripetitivo, non stressante, con
possibile autodeterminazione dei ritmi e una parziale autonomia di decisione
nelle modalità di lavoro. Ciò fa in modo che sia particolarmente
sensi-bile all'ideologia del lavoro sostenuta dai revisionisti e alla loro politica,
costituendone perciò la base sociale; in seno al movimento operaio rappresenta
pertanto una tendenza da abbattere, comunque ancora suscettibile — soprattutto
coli l'acuirsi della crisi — di essere recuperato, per lo meno in certe
sue frange, all'iniziativa rivoluzionaria.
c) Aristocrazia operaia: questa coincide con gli strati immediatamente superiori
agli operai qualificati (quindi con quel che resta degli operai professionali)
e con la burocrazia sindacale improduttiva. Questo segmento di classe, di fronte
alle proporzioni che va assumendo lo scontro, viene prefigurandosi sempre più
come strumento della controrivoluzione; costoro svolgono ormai apertamente una
funzione di supporto alle scelte di politica economica della borghesia imperialista
fornendo una base cli legittimazione ed esercitando nel contempo un'azione di
controllo e di spionaggio dentro la fabbrica.
Operai delle piccole e medie industrie
Sotto molti aspetti presentano delle analogie con l'operaio
— massa delle grandi fabbriche. ma di(Tcrentcmente da questo trovano maggiori
difficoltà ad organizzarsi e a mobilitarsi in quanto piú facilmente
individuabili perchè costretti a muoversi in strutture "compresse"
e perciò piú controllabili.
— Lavoratori produttivi all'interno della sfera della circolazione si
definiscono lavoratori produttivi all'interno della sfera della circolazione
quella parte di essi che è produttiva e conservativa di valori (trasporti,
riparazioni) all'interno di questo settore, anche certe sacche di privilegi
tipo i portuali — per certi aspetti vere aristocrazie operaie negli anni
passati — vengono immancabilmente ridimensionate dalla ristrutturazione
attualmente in corso, così come pure per quanto concerne i lavoratori
produttivi dei servizi.
All'interno del proletariato metropolitano troviamo poi una se-rie di strati
che in parte vanno definiti in modo diverso dal passato. Essi sono:
1 - Lavoratori manuali del settore dei servizi: la separazione tra la funzione
lavorativa (lavoro manuale complessivo) è il controllo su di essa (lavoro
intellettuale complessivo) definisce i rapporti di classe fino a far permanere
la struttura del capitalismo al di là del superamento della proprietà
privata dei mezzi di produzione. Lo sviluppo di questa separazione crea da un
lato una nuova piccola borghesia (uso della "scienza" contro il "lavoro")
ma dall'altro una ampia fascia di lavoratori manuali nei servizi che oltre a
subire un rapporto di lavoro salariato si distinguono per i livelli di coscienza
che sviluppano nelle loro lotte, tanto da farne i migliori alleati della classe
operaia, dato che di questa vivono praticamente le stesse condizioni pur non
producendo valori (v. ospedalieri).
2 - Esercito industriale di riserva: è parte integrante della classe
operaia; comprende tradizionalmente tutti quei lavoratori in attesa di essere
inseriti nel processo produttivo, pur essendone temporaneamente espulsi. Si
ha così una "fluttuazione" che tutta-via nell'attuale fase
tende a configurare la disoccupazione come dato strutturale di grosse dimensioni
dello Stato imperialista. Mentre la sovrappopolazione fluttuante è costituita
dagli operai temporaneamente licenziati o da quelli in cassa integrazione, la
sovrappopolazione latente vede oggi al suo interno la disoccupazione giovanile
come fenomeno più macroscopico e politicamente più impor-tante.
Secondo una recente statistica svolta nei paesi dell'OCSE essa tocca punte del
40% e oltre. Quello che a tutti gli effetti costituisce un vero e proprio esercito
ha dato vita in Italia ad un movimento di lotta su posizioni molto radicali,
con — anche --forme organizzative permanenti e direttamente collegate
con la classe operaia.
Tuttavia l'evoluzione delle forme di suddivisione della sovrappopolazione presenta
oggi una maggiore complessità rispetto alle forme storiche analizzate
nello schema di Marx e ciò si verifica attraverso la formazione di uno
strato di operai (e proletari) "marginali" ma non emarginati. Nel
caso della sovrappopolazione stagnante descritta da Marx abbiamo non solo un
ritorno di lunga durata alla condizione di disoccupato (per es. attualmente
gli operai emigrati che tornano al Sud dai poli industriali della CEE ma anche
uno stato di precarietà permanente come nella attuale classe operaia
marginale. Questa precarietà non va riferita alla con-dizione oocupazionale
individuale dell'operaio, bensì alla stessa uni
tà produttiva in cui l'operaio è inserito. Ma oggi le caratteristi-che
di questa "area" della produzione sono strutturali, "stabili
nella loro precarietà", potremmo dire, infatti:
— decentramento della produzione rispetto all'azienda monopolistica è
l'effetto della tendenza all'aumento del capitale complessivo impiegato per
addetto. È un'area marginale presente in tutti i settori dell'economia
per quanto in misura maggiore in quel-li meno trainanti (dato che la sua funzione
non è determinata solo da motivi strutturali ma anche politici); è
presente in tutti i paesi a capitalismo avanzato con varie forme d'uso della
forza-lavoro (dal lavoro stagionale, al part-time, alla piccola fabbrica fino
al contratto a termine anche in certe grandi aziende ecc.);
la sua soggezione alla "spontaneità" del mercato consente una
maggior elasticità nell'uso della forza-lavoro contro la caduta tendenziale
del saggio di profitto tramite il prolungamento della giornata lavorativa nei
periodi di espansione congiunturale (plus-valore assoluto) e comunque il minor
costo della forza-lavoro nei periodi recessivi;
— è uno strumento di divisione politica della forza operaia come
l'esercito di riserva inteso nel senso tradizionale poiché questo, oltre
a regolare l'entità del monte salari, diminuisce la forza contrattuale
della fascia operaia meno privilegiata e ricatta in modo "corporativizzante"
quella delle grandi aziende.
Rispetto alla sovrappopolazione stagnante descritta da Marx, la differenza di
questa sta nel fatto che la sua condizione non è legata al ciclo della
crisi ma è la condizione derivante in modo permanente dai rapporti di
produzione dell'attuale fase capitalistica. L'unica possibilità di cambiamento
offertole come strato non è quella del "rientro" nella stabilità
occupazionale alla fine del ciclo, ma semmai quella dell'emarginazione totale
dato che non è prevista una fase di rilancio delle forze produttive all'interno
dell'attuale modo di produzione.
Se dunque parliamo di questa fascia operaia nell'esercito di riserva è
sole per comodità di esposizione, mentre la sua collocazione scientifica
sta all'esterno di essa: infatti gli operai si trova-no in posizione intermedia
e oscillante tra la classe operaia occupata stabilmente e l'esercito industriale
di riserva, come occupati "in modo diverso".
3 - Gli emarginati: sono coloro che consumano senza lavora-re o che comunque
sono totalmente espulsi dal processo produttivo, per cui sono privi di una precisa
e omogenea identità politica di classe; purtuttavia in questi ultimi
anni alcune fasce di emarginati sono venute acquisendo coscienza politica e
che trova nel proletariato extralegale e nel proletariato prigioniero una espressione
reale di avanguardia che si inscrive a pieno titolo come potente fattore alleato
della classe operaia. Per emarginati intendiamo dunque i consumatori senza salario:
a) Proletariato extralegale: (in cui è compreso anche quello prigioniero).
È determinato dall'emarginazione crescente di strati di popolo- dal processo
produttivo, che ha innescato quel fenomeno che è definito "criminalità
di massa" favorita anche dalla mostruosa disparità della ricchezza
concentrata nelle mani di pochi. L'impossibilità di trovare un lavoro
stabile costringe strati di popolazione a ricorrere a comportamenti illegali
che tra l'altro, sono sempre me-no estranei anche alla classe operaia. Citiamo
una statistica della città di Roma relativa al 1971, è fatta da
borghesi, però consente di constatare gli indiziati di reato suddivisi
per classi: operai e lavoratori sono il 40,I3%; studenti II,71%; pensionati
e casalinghe 7,73%; senza professione 15,61%; che danno un astratto del totale
degli indiziati di reato pari a 75,18%. È interessante no-tare che la
piú alta percentuale di "criminali" proviene dal mondo del
lavoro. Il "crimine" diventa per gruppi di proletari il secondo lavoro!
Le lotte dei detenuti e la politicizzazione di interi ambienti della "malavita"
non sono dunque un fatto strano e mostruoso, non è più possibile
considerare soltanto il carcere come veicolo di organizzazione e di lotta, anche
se il carcere resta il momento di maggiore socializzazione di questo "segmento"
di classe. Del resto, già Lenin nel 1905 notava come in periodo di crisi
economico-politica, il banditismo sociale diventa un modo specifico di lotta
di certi strati proletari urbani, gettati sul lastrico dell'immiserimento; questo
fenomeno tende a diffondersi all'interno della classe operaia ed è assolutamente
indispensabile trasformare queste forme di lotta in azioni partigiane, coinvolgendo
questi strati nella guerra civile sotto la direzione del Partito Combattente.
b) Assistiti da enti pubblici e privati: (vecchi, handicappati, disadattati,
minorati ecc.). Anche i proletari anziani (pensionati) rientrano in questa categoria,
in quanto la Ioro emarginazione dal processo produttivo comporta spesso anche
l'emarginazione da tutti i rapporti sociali, pur non essendo rinchiusi in una
"istituzione totale" (manicomi, ospizi ecc.). Anche questi strati
negli ultimi anni hanno dato vita a lotte estese dimostrando come per il proletariato,
in questa società, non ci sia pace fino alla fine.
c) Sottosegretariato tradizionale; quest'ultimo è praticamente costituito
da residui di classi disgregate e pur essendo ormai un fenomeno di scarse dimensioni,
almeno rispetto all'analisi che ne fecero Marx ed Engels, resta però
tuttora valido il giudizio che di esso diedero: « ... putrefazione passiva
degli strati più bassi della popolazione suscettibile alle mene della
reazione... ». Esso resta pertanto, così come è venute storicamente
confermandosi, il peggiore alleato della,. classe .operaia.
Esercito intellettuale di riserva
Definiamo esercito intellettuale di riserva quelle sacche di "lavoro nero"
intellettuale quali: lavori occasionali, a termine, ausiliari, o supplettivi.
Questa forza-lavoro, per le sue caratteristiche di medio-alta scolarizzazione
è di forte instabilità, trovano nella società industriale
le più svariate collocazioni per cui la loro soggettività si esprime
in forma del tutto eterogenea. All'interno di questa area sociale si collocano
anche gli studenti i quali non costituiscono una classe a sé, ma riflettono
nella scuola tutte le divisioni e le segmentazioni di classe di cui sono espressione.
Negli anni passati, in piena espansione economica, a misura in cui aumentava
la crescita della composizione organica del capitale — con-ciliata però
in quella fase con l'allargamento della base produttiva — si poneva il
problema di una trasformazione di qualità della forza-lavoro, da cui
l'esigenza per il capitale di promuovere un pro-cesso di scolarizzazione di
massa in grado di fornirgli una manodopera scolarizzata, capace di operare cioè
in una società industriale avanzata. Ciò ha dato origine alla
formazione di una nuova figura sociale proveniente dalle classi subalterne e
con un indice di scolarizzazione predeterminato dalle necessità della
produzione industriale (scuole tecniche, professionali, corsi serali di qualificazione)
lo studente-massa. Questo studente tipo è oggi la componente di maggioranza
nelle scuole divenute esse stesse, di fronte all'acuirsi della crisi, delle
vere e proprie "aree di parcheggio" per disoccupati potenziali con
scarsissime possibilità di assimilazione nel tessuto produttivo. Questa
"precarietà" è oggi una tendenza che riflette l'incompatibilità
per la borghesia imperialista di poter coniugare la scolarizzazione di massa
con la contrazione selvaggia dei livelli occupazionali. La consapevolezza di
ciò fa sì che il movimento degli studenti-massa sia oggi una delle
forze trainanti, a fianco della classe operaia, del processo rivoluzionario.
La piccola borghesia
Pur delimitando il discorso alla composizione di classe del
proletariato metropolitano occorre tuttavia considerare anche quelle componenti
della piccola borghesia che, nel corso della crisi vengono oggettivamente a
gravitare intorno al proletariato. Non a caso il revisionismo con una correlazione
ideologica e politica assai disinvolta tende a recuperarla in blocco (vedi politica
dei "ceti medi") ponendola su un piano preferenziale quale alleato
delle fasce di aristocrazia operaia e degli operai professionali. Questo strato
si articola in:
— Piccola borghesia tradizionale legata alla piccola produzione e alla
piccola proprietà (artigiani, piccoli commercianti, contadini ecc.),
attualmente è in via di estinzione ma è sempre contraddistinta
da una profonda instabilità politica.
— Nuova piccola borghesia. Qui l'analisi deve essere più attenta
perché non si tratta piú di residui, di modi di produzione superati,
ma di un prodotto dell'attuale modo di produzione: il capitalismo maturo.
È estremamente stratificata, infatti si estende da fasce di lavori praticamente
manuali (vedi i commessi della grande distribuzione, ecc.) che subiscono uno
sfruttamento e una nocività elevata; al personale insegnante e non della
scuola di massa; ai larghi strati impiegatizi (piccola e media burocrazia, statale
e privata); fino a giungere ai quadri tecnici di direzione, sorveglianza e organizzazione
del lavoro. L'elevata frantumazione interna e la polarizzazione causata dalla
lotta di classe disarticola ulteriormente questo strato sociale, la cui collocazione
politica, si può riassumere così:
— alleate della classe operaia le fasce inferiori, quelle ancora legate
al lavoro manuale;
— oscillanti, con quella caratteristica instabilità della piccola
borghesia piú tradizionale, gli strati intermedi (insegnanti, impiegati);
oggettivamente antiproletarie le sue fasce superiori (controllo e organizzazione
del lavoro) che tra l'altro sono una componente importante della politica dei
revisionisti.
Lavoro femminile
Le donne di qualsiasi componente proletaria occupano sempre
posizioni inferiori, subordinate e peggio pagate rispetto agli uomini. Inoltre
subiscono la schiavitú del lavoro domestico. Il lavoro femminile, anche
quello fatto in casa è pertanto antagonista alla società capitalista.
Il risveglio delle lotte femminili e dei contenuti impliciti ed espliciti di
queste lotte avrà sempre più peso ed importanza nel movimento
rivoluzionario. La bestialità dei rapporti di produzione capitalistici
e dei loro risvolti sociali ha risvegliato anche questa enorme forza sociale;
le armi della critica radicale e la critica radicale delle armi hanno toccato
finalmente anche l'ultimo tabernacolo: la sfera della famiglia e dei rapporti
uomo-donna, sfera di decisiva e fondamentale importanza per spalancare le porte
al cambiamento della vita e del mondo. Possiamo dire che con l'entrata delle
donne sulla scena della rivoluzione tutte le forze sono ormai mature e per i
porci è veramente l'inizio della fine!
Indubbiamente la soggettività dell'MRPO, come del resto la sua composizione
non è omogenea e tra le diverse componenti si svolge una lotta politica
e ideologica.
Si tratta di "contraddizioni in seno al popolo" e la loro esistenza
non contrasta ne esclude uno sbocco strategico unitario.
Noi lottiamo per la ricomposizione soggettiva del Movimento di Resistenza Proletario
Offensivo sul programma di attacco allo stato imperialista e di costruzione
del Partito Comunista Combattente.
C'è chi ha detto che il proliferare dei gruppi armati dà fasti-dio
alle Brigate Rosse. Se non fossimo certi che si tratta di un altro attacco degli
strateghi della controguerriglia psicologica per tentare di isolare la nostra
organizzazione, ci farebbe piacere che il nemico fosse così stupido.
In realtà sa bene che la tendenza ad armarsi da parte delle avanguardie
proletarie è inarrestabile, che anzi è destinata ad e-stendersi;
quello che lo terrorizza è proprio l'eventualità che si superino
i limiti dovuti alla situazione di obiettiva disgregazione in cui nasce la lotta
armata, e si coaguli la direzione strategica del processo rivoluzionario e si
organizzi in Partito Combattente.
Chiaramente l'attacco propagandistico del nemico è rivolto a ritardare
il più possibile questa presa di coscienza delle avanguardie di classe,
mistificando spudoratamente i termini della proposta politica che la nostra
Organizzazione rivolge a tutte le avanguardie. Non siamo i soli a farlo, ma
è certo che le Brigate Rosse combattono e lavorano da sempre per la costruzione
del Movimento di Resistenza, perché le avanguardie comuniste colgano
l'occasione storica che si offre per la realizzazione di una crescita formidabile
del processo rivoluzionario. Questo ci riporta ad un'altra questione centrale
e sulla quale si fa molta confusione: la costruzione del Partito Combattente;
bisogna togliersi dalla testa al più presto, ed una volta per tutte,
che lo sviluppo della lotta armata verso la guerra civile generalizzata, verso
la guerra di popolo di lunga durata, possa essere un processo spontaneo. La
guerra di classe nasce spontaneamente dalle condizioni specifiche e dalle contraddizioni
di classe particolari e generali che il sistema imperialista produce.
L'esigenza a resistere alla ristrutturazione scaturisce "natural-mente"
all'interno della classe operaia e del proletariato e spinge la sua avanguardia
ad armarsi e combattere il decorso della crisi di regime che crea la situazione
oggettiva in cui ci troviamo; è l'esistenza di una consistente frangia
di proletariato rivoluzionario che ha creato le condizioni della guerra civile
strisciante, quale forma reale in cui si è espresso il movimento di resistenza
armato. Radicare la lotta armata nel proletariato, costruire la sua capacità
di vittoria strategica, non„ è un processo spontaneo.
Creare le condizioni per un alternativa di potere, organizzare strategicamente
il potenziale rivoluzionario del proletariato è un processo cosciente
e forzato operato dall'avanguardia comunista. Si tratta quindi di assumersi
il compito e la responsabilità di guida-re il proletariato, di porsi
alla sua testa ed assumere la direzione, di costruire tutte le articolazioni
del potere proletario, se si vuole, come noi vogliamo, che la guerra civile
generalizzata sia una tesi vincente e non il solito iuntile massacro. La storia
del movimento proletario del nostro paese, può essere considerata, in
definiti-va, la storia delle sue sconfitte; anzi se c'è una costante
è proprio quella che quando la lotta diventa guerra di classe e si configura
come alternativa di potere, il nemico ha partita vinta se il proletariato non
riesce a darsi una direzione ed un'organizzazione strategica.
Questo è oggi prioritariamente il compito delle avanguardie comuniste
ed è la costruzione di questa organizzazione che chiamiamo Partito Combattente.
Nei assumiamo la Prassi Sociale come criterio oggettivo di verità, convinti
che tutti i pensieri che si accordano con la realtà oggettiva permettono
di ottenere successi, al contrario quelli che non si accordano con questa conducono
al fallimento... "non c'è che una verità: sapere se la si
è scoperta o no non dipende da vanterie soggettive, ma dalla prassi oggettiva.
Solo la pratica rivoluzionaria di milioni di uomini è il metro per misurare
la verità".
Assumere il criterio della prassi sociale come criterio di verità e perciò
anche di validità dell'azione rivoluzionaria ci porta ad affermare questo
principio generale: "Quando i proletari conducono una lotta contro la borghesia
se agiscono isolatamente o in maniera dispersiva la loro lotta fallisce; vince
se essi agiscono unanimamente e nell'unità." E dunque ci porta anche
a rilevare una condizione
di debolezza del movimento di resistenza proletario offensivo, va-le a dire
la notevole dispersione di forze causata dalla collocazione particolaristica
di molti nuclei combattenti che concludono la loro azione entro i limiti ristretti
delle situazioni specifiche di cui sono espressione.
Molto spesso così l'iniziativa armata stempera la sua efficacia abbattendosi,
anche se con forza eccezionale, su contraddizioni oggettivamente secondarie.
Pertanto l'iniziativa politico-militare di questi nuclei, oltre a non incidere
a fondo sulla controrivoluzione preventiva fatica a darsi un respiro strategico
e a dialettizzarsi sulla questione centrale che il proletariato metropolitano
in questa fase deve affrontare: portare un attacco disarticolante alla ristrutturazione
imperialista dello stato.
Lo stabilizzarsi di questa situazione di estrema frammentazione. sul piano della
soggettività, che alcuni famigerati opportunisti sono giunti perfino
a teorizzare, favorisce inevitabilmente il riflusso verso tendenze politiche
che hanno come carattere principale lo "spontaneismo armato" e in
taluni casi porta alla esaltazione delle condizioni che definiscono la sua debolezza
tattica e al rifiuto di svolgere una funzione di avanguardia politico-militare
in rapporto agli strati piú avanzati del proletariato. L'iniziativa armata
rischia così, al punto piú basso, di restare imprigionata nel.
le sue determinazioni puramente "militari" essendo incapace di rappresentare
una prospettiva politica di liberazione.
Imbracciare il fucile è una condizione necessaria ma non sufficiente
per lo sviluppo della guerra di classe rivoluzionaria di lunga durata. costruire
tutte le articolazioni del potere proletario, se si vuole, come noi vogliamo,
che la guerra civile generalizzata sia una tesi vincente e non il solito iuntile
massacro. La storia del movimento proletario del nostro paese, può essere
considerata, in definiti-va, la storia delle sue sconfitte; anzi se c'è
una costante è proprio quella che quando la lotta diventa guerra di classe
e si configura come alternativa di potere, il nemico ha partita vinta se il
proletariato non riesce a darsi una direzione ed un'organizzazione strategica.
Questo è oggi prioritariamente il compito delle avanguardie comuniste
ed è la costruzione di questa organizzazione che chiamiamo Partito Combattente.
Nei assumiamo la Prassi Sociale come criterio oggettivo di verità, convinti
che tutti i pensieri che si accordano con la realtà oggettiva permettono
di ottenere successi, al contrario quelli che non si accordano con questa conducono
al fallimento... "non c'è che una verità: sapere se la si
è scoperta o no non dipende da vanterie soggettive, ma dalla prassi oggettiva.
Solo la pratica rivoluzionaria di milioni di uomini è il metro per misurare
la verità".
Assumere il criterio della prassi sociale come criterio di verità e perciò
anche di validità dell'azione rivoluzionaria ci porta ad affermare questo
principio generale: "Quando i proletari conducono una lotta contro la borghesia
se agiscono isolatamente o in maniera dispersiva la loro lotta fallisce; vince
se essi agiscono unanimamente e nell'unità." E dunque ci porta anche
a rilevare una condizione
di debolezza del movimento di resistenza proletario offensivo, va-le a dire
la notevole dispersione di forze causata dalla collocazione particolaristica
di molti nuclei combattenti che concludono la loro azione entro i limiti ristretti
delle situazioni specifiche di cui sono espressione.
Molto spesso così l'iniziativa armata stempera la sua efficacia abbattendosi,
anche se con forza eccezionale, su contraddizioni oggettivamente secondarie.
Pertanto l'iniziativa politico-militare di questi nuclei, oltre a non incidere
a fondo sulla controrivoluzione preventiva fatica a darsi un respiro strategico
e a dialettizzarsi sulla questione centrale che il proletariato metropolitano
in questa fase deve affrontare: portare un attacco disarticolante alla ristrutturazione
imperialista dello stato.
Lo stabilizzarsi di questa situazione di estrema frammentazione. sul piano della
soggettività, che alcuni famigerati opportunisti sono giunti perfino
a teorizzare, favorisce inevitabilmente il riflusso verso tendenze politiche
che hanno come carattere principale lo "spontaneismo armato" e in
taluni casi porta alla esaltazione delle condizioni che definiscono la sua debolezza
tattica e al rifiuto di svolgere una funzione di avanguardia politico-militare
in rapporto agli strati piú avanzati del proletariato. L'iniziativa armata
rischia così, al punto piú basso, di restare imprigionata nel.
le sue determinazioni puramente "militari" essendo incapace di rappresentare
una prospettiva politica di liberazione.
Imbracciare il fucile è una condizione necessaria ma non sufficiente
per lo sviluppo della guerra di classe rivoluzionaria di lunga durata.