Biblioteca Multimediale Marxista
"Ciò che per Lenin era il partito bolscevico è,
oggi, nelle condizioni create dalle organizzazioni multinazionali del capitale,
della struttura internazionale della repressione imperialista all’interno
e all’estero, l'organizzazione del CONTROPOTERE PROLETARIO CHE NASCE DALLA
GUERRIGLIA.
In questo processo nazionale e internazionale esso si evolve e consolida sino
a diventare PARTITO RIVOLUZIONARIO."
R A F
-1-
Il problema della formazione di un’AVANGUARDIA ARMATA si è posto
concretamente in Italia intorno al 1969-70. E cioè nel momento in cui
è diventato chiaro a pur ristrette avanguardie politiche INTERNE al movimento
operaio, che i loro interessi materiali ed i loro bisogni politici non venivano
più rappresentati dal Partito Comunista. E lo sarebbero stati, in futuro,
ancor meno, perché il PCI già rappresentava altri interessi di
altre classi.
Ciò era vero da parecchio tempo, ma solo allora divenne presa di coscienza
e provocò una frattura, una divisione, che nel corso delle forti lotte
degli anni successivi si fece più profonda sino a diventare irreversibile,
definitiva.
L’approfondirsi della crisi economica e l’articolazione, nella crisi,
della linea strategica del “compromesso storico” e delle scelte
tattiche conseguenti, trasferirono poi questa presa di coscienza ad un consistente
strato di classe operaia dei grandi poli e di nuovo proletariato metropolitano.
Questo “trasferimento” non è stato automatico, ed in esso
noi abbiamo svolto un ruolo fondamentale.
Si trattava di mettere a fuoco nella coscienza dei proletari italiani che senza
LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA DELLA VIOLENZA IN OGNI FASE DEL PROCESSO D'ORGANIZZAZIONE
RIVOLUZIONARIA, NON POTEVA DARSI UNA POLITICA RIVOLUZIONARIA.
In altri termini che: l’alternativa al revisionismo si dava immediatamente
come unità del politico e del militare.
Decenni di diseducazione e di retorica revisionista non facilitavano la realizzazione
di quest'obiettivo. Perciò si è reso necessario, in una prima
fase, che è durata sino ad oggi, svolgere un’azione prevalentemente
di PROPAGANDA ARMATA al fine di rendere possibile l’accumulazione del
capitale rivoluzionario necessario per procedere ad azioni dirette contro lo
Stato ed i suoi apparati di coercizione.
Questa scelta non ci appare, a cinque anni di distanza, ne volontaristica ne
sovrastrutturale.
La sua fondamentale validità è dimostrata dal solido legame esistente
oggi tra l’Organizzazione ed il popolo, legame che ci ha consentito un
continuo ricambio e una crescita nonostante i duri colpi portati dalla repressione.
Oggi, non solo l’Organizzazione ha esteso la sua iniziativa nei maggiori
poli industriali del Nord, ma nuove avanguardie armate si sono costruite ed
hanno iniziato a combattere al nostro fianco.
A queste avanguardie dobbiamo rivolgere l’invito per un confronto sulla
questione dell’organizzazione.
L’ulteriore accumulazione di capitale rivoluzionario dipende anche da
questo confronto. E’ sempre più necessario che le forze rivoluzionarie
combattenti si misurino entro un processo di “unità—lotta”
sulle questioni fondamentali che stanno alla base della costruzione del Partito
Combattente del Proletariato.
Per intanto cominciamo noi a fare un primo bilancio della nostra esperienza.
Quali principi devono stare alla base di un’organizzazione politica militarizzata?
La pratica di combattimento in questi anni ci consente di avanzare qualche risposta.
Lo facciamo senza pretendere di stabilire dei principi "assoluti",
ma per contribuire alla costruzione di un discorso unificato, premessa e base
di un’ulteriore impulso del processo rivoluzionario nel nostro paese.
Va da sé che questi principi sono vincolanti per i militanti della nostra
Organizzazione.
-2-
Le BRIGATE ROSSE non sono il Partito Proletario Combattente, ma un'avanguardia
armata che lavora all’interno della classe operaia per la sua costruzione.
Ciò detto, un problema resta: un’avanguardia armata deve o non
deve “agire da partito” sin dal suo nascere?
Molti compagni dell’area rivoluzionaria ci rimproverano di aver dato una
risposta affermativa all’interrogativo. Ma è un’ottica scorretta.
Perché non si tratta, è vero, di costruire il Partito con un atto
di volontà o un decreto, e neppure di fissare astrattamente alcuni principi
“marxisti—leninisti”, e poi autoproclamarsi Partito, ma non
é neppure il caso di lasciarsi catturare dal miraggio evoluzionistico
della costruzione del Partito per via d'aggregazione di nuclei sparsi di autonomia
che qua e là vanno operando.
Il processo di costruzione politica, programmatica e di fabbricazione organizzativa
del Partito Combattente non è affatto lineare, evoluzionistico, affidato
al tempo, ma al contrario é un processo discontinuo, dialettico, prodotto
cosciente di un’avanguardia politico militare che, nel complesso fenomeno
della guerra di classe, afferma la validità della prospettiva strategica
e del programma comunista che sostiene e l’adeguatezza dello strumento
organizzativo necessario per realizzarlo.
Si pone, dunque, come punto di riferimento essenziale, come “nucleo strategico”
del Partito Combattente in costruzione sin dal suo nascere. Non è una
questione di “immodestia”, come qualcuno ha voluto dire, perché
é solo presentandosi al movimento di classe con un volto politico ben
stagliato che si può creare una polarità, una dialettica, con
altre posizioni e quindi ampliare le proprie capacità di egemonia ed
organizzazione o, al contrario, soccombere.
Per questo non ci convincono le posizioni di quei compagni che, pur riconoscendo
la necessità di un'azione militare, assumono un’identità
solo sul terreno della politica, mentre mascherano l‘iniziativa armata
dietro sigle di volta in volta diverse.
“Spontaneismo armato” e “braccio armato” sono gracili
teorizzazioni che nel contesto di una repressione imperialista, centralizzata
e in posizioni di forza, nessuno deve riproporre. Le loro nefaste conseguenze
sono già state Pagate duramente dal movimento.
-3- VIVERE TRA LE MASSE.
Prima della presa del potere, ogni militante comunista è
un soldato della guerra di classe, è un dirigente della lotta armata
delle masse. Egli deve essere politicamente e militarmente preparato per svolgere
questo ruolo complesso di combattente, organizzatore e propagandista.
Così l’avanguardia proletaria che si assume la responsabilità
storica ed ilcompito di dare inizio ad un processo di lotta armata, deve essere
diretta espressione del movimento della classe operaia.
Il passaggio alla ”lotta armata” non è un passaggio alla
cospirazione delle sette segrete, e l’organizzazione della lotta amata
non vive, come vorrebbero i padroni, nei “covi".
Al contrario la guerriglia vive nelle grandi fabbriche e nelle popolose cinture
proletarie- delle metropoli industriali. La sua iniziativa non si pone “al
di sopra delle masse", ma all’interno di esse, e il suo obiettivo
principale è quello di coinvolgerne una porzione via via crescente nella
sua iniziativa politica e militare.
-4- L’IMPOSTAZIONE OFFENSIVA.
Il problema della guerra, dell’attualità della
lotta armata intesa come risvolto proletario alla crisi dell’imperialismo
e del regime, non è un problema di difesa degli spazi politici minacciati,
di difesa della “democrazia”.
E' un problema d'attacco, di distruzione della macchina repressiva dello Stato,
d'imposizione violenta della dittatura del proletariato sulla borghesia e dunque,
in ultima analisi, di lotta armata per il comunismo.
Le Brigate Rosse in questa prospettiva, si costruiscono per una guerra di lunga
durata e di movimento.
La loro iniziativa di disarticolazione politica del regime e di disarticolazione
militare dello Stato, punta, in questa fase, a costringere la borghesia sulla
difesa di un numero d'obiettivi sempre più elevato, sempre più
esteso nello spazio, sempre più vario nella qualità.
Perché, se e una verità incontestabile l’affermazione di
Lenin: “la difensiva è la morte dell’insurrezione”,
altrettanto incontestabile è il suo risvolto: l’offensiva proletaria
è un fattore di crisi permanente e di logorio progressivo dei regimi
borghesi. Proprio quest'impostazione richiede il rispetto di tre principi che
sono anche dei vantaggi pratici: l’ALTA MOBILITA’, l'AGILITÀ’
DELLE STRUTTURE, la CLANDESTINTA’ COME MODULO ORGANIZZATIVO.
L’ALTA MOBILITA’ va intesa come capacità di mutare continuamente
i punti e i fronti d'attacco, in modo da rompere in continuazione l’accerchiamento,
non fornire bersagli fissi e obbligare il nemico di classe ad una perenne rincorsa.
E vuol dire anche portare attacchi rapidi e continuati, pungere con lo spillo
dell’azione guerrigliera il sistema nervoso della borghesia.
L’AGILITA’ delle strutture vuol dire invece che in questa fase della
guerra, non bisogna subire il condizionamento delle strutture organizzative
pesanti o, per lo meno, che questo condizionamento deve, essere ridotto all’essenziale.
E' una legge della guerra di classe nelle metropoli.
Non dobbiamo avere il feticcio delle strutture. Esse sono strumenti che in condizioni
d'insicurezza vanno abbandonati, non difesi.
Nella società metropolitana tutto si compra. L’unico problema è
il denaro e le conoscenze tecniche per trasformare il denaro in strumentazione
rivoluzionaria. Dunque è importante avere una grande capacità
di esproprio e un elevato livello di conoscenze tecnico—militari in ogni
guerrigliero.
Questo è l’essenziale. Non, possiamo disporre di ”santuari”
in cui istallare strutture pesanti, e fino a che non ne avremo non dovremo nemmeno
costruirle.
- 5- LA CLANDESTINITA’.
La questione della clandestinità si è posta nei
suoi termini reali solo dopo il 2 maggio 1972. Fino ad allora, impigliati come
eravamo, in una situazione di semilegalità, essa era intesa più
nei suoi aspetti tattici o difensivi che nella sua portata strategica.
Inoltre il pregiudizio che mette in opposizione "clandestinità"
e "linea di massa" rallentava la presa di coscienza.
Fu l'offensiva scatenata dal nemico che cancellò ogni dubbio residuo
sul fatto che la clandestinità è condizione indispensabile per
la sopravvivenza di qualunque organizzazione politico militare offensiva che
combatte all'interno delle metropoli imperialiste.
Il due maggio 1972 cominciammo così a costruire l'avanguardia proletaria
armata a partire dalla più ermetica clandestinità. Ciò
non ha impedito che l'organizzazione si svolgesse per linee interne al movimento
operaio e proletario e a quell'area di avanguardie che dal '72 al '74 è
andata sotto il nome di "autonomia operaia".
Al contrario proprio quest'innervazione dell'Organizzazione all'interno del
tessuto di classe ha impedito al nemico di distruggerci nonostante i suoi reiterati
tentativi e i nostri inevitabili (e in parte evitabili) errori.
Nella nostra esperienza si sono date sin dall’inizio due condizioni di
militanza clandestina.
La prima condizione è proprio quella di quei compagni che PER SCELTA
VOLONTARIA hanno rotto ogni legame con la legalità, con la famiglia,
con il lavoro salariato e hanno messo tutte loro energie al servizio della guerra
rivoluzionaria. Si tratta dei nuovi rivoluzionari di professione. Questa scelta
di clandestinità assoluta, per quanto riguarda la nostra Organizzazione,
non coincide con la latitanza imposta dal potere a quei militanti rivoluzionari
identificati come responsabili d'iniziative di combattimento e che quindi, se
vogliono sfuggire alla galera devono far perdere le loro tracce. La latitanza
esprime un rapporto difensivo rispetto al potere. La scelta della clandestinità
è al contrario una scelta offensiva.
Inoltre l’Organizzazione indica chi, tra i suoi militanti, deve entrare
a far parte del suo apparato assolutamente clandestino. E i criteri che stanno
alla base delle sue scelte sono esclusivamente criteri politico—militari,
e cioè di maturità ed esperienza del militante candidato.
Ciò non toglie che tutti i militanti dell‘Organizzazione devono
avere una disponibilità soggettiva a fare le scelte che l'Organizzazione
richiederà loro. Non vi è necessariamente un rapporto gerarchico
tra le varie condizioni di clandestinità, ma nel loro insieme le FORZE
REGOLARI sono composte da compagni al più alto livello di esperienza
che l'Organizzazione disponga.
La seconda condizione di clandestinità è apparentemente meno drastica,
ma è solo un'apparenza.
In questo caso il militante conserva la sua identità anagrafica ed il
suo ruolo produttivo nella società, rimane nel "movimento"
anche fisicamente e dunque appare e si muove all'interno delle forme politiche
che il movimento di classe assume alla luce del sole.
Questo secondo tipo di militanza clandestina, da un punto di vista politico
è alla base della costruzione dell'articolazione del potere proletario;
da un punto di vista militare è a fondamento dello sviluppo delle milizie
operaie e popolari.
-6- LA COMPARTIMENTAZIONE.
La compartimentazione è una legge generale della guerra
rivoluzionaria nelle metropoli. Ed è uno dei principi fondamentali di
sicurezza della nostra Organizzazione. La nostra esperienza ha dimostrato abbondantemente
che chi trascura questa legge e non l'applica con assoluto rigore è destinato
inevitabilmente alla sconfitta ed alla distruzione.
Il nemico lavora con metodo ed utilizza ogni errore, anche il più piccolo,
che noi commettiamo su questo terreno.
Quando, per un motivo qualsiasi, la compartimentazione tra strutture "salta",
dobbiamo rinnovarle immediatamente.
Marighella: "Dobbiamo evitare che ognuno conosca gli altri e che tutti
conoscano tutto, ognuno deve sapere solo ciò che riguarda il suo lavoro”.
Che: “Nessuno, assolutamente nessuno, deve sapere in condizioni di clandestinità,
altro che lo strettamente indispensabile, e non si deve mai parlare davanti
a nessuno”.
Nella nostra organizzazione la compartimentazione è verticale tra le
varie istanze a tutti i livelli, e orizzontale fra le colonne, tra i fronti,
tra le brigate, tra i compagni di uno stesso organismo.
Compartimentate sono anche le case d'abitazione, le macchine, i luoghi di riunione
o di produzione.
E’ un convincimento ormai comune a tutte le organizzazioni guerrigliere
che la compartimentazione, che ovviamente rende più lento il funzionamento
immediato, a lungo termine lo fa più agile, nella misura in cui limita
i colpi provenienti dal nemico. Anche se a prima vista sembra che la compartimentazione
rende assai difficoltoso il funzionamento, la realtà prova esaurientemente
che le cose non stanno così, a poco a poco, una volta che l’Organizzazione
si sia adeguata a questo sistema, arriva a funzionare con totale fluidità.
E’ necessario ricordare però che anche la struttura meglio compartimentata
non reggerebbe a lungo senza una reale discrezione del militante. La discrezione,
in altre parole, è una regola di condotta fondamentale per un guerrigliero
urbano. Essa è altrettanto importante che l’osservanza delle norme
di sicurezza e di comportamento.
Compartimentazione non vuol dire “compartimentazione del dibattito politico
e di tutte le informazioni”. Per ovviare a questo pericolo e indispensabile
estendere e intensificare la pratica delle relazioni informative e dei bilanci
di esperienza scritti. Tutte le strutture politiche dell'Organizzazione devono
sentire questa responsabilità. La circolazione delle idee in un'organizzazione
guerrigliera urbana deve avvenire per via scritta. Per questo e stato concepito
e realizzato il giornale "LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO": per avere
uno strumento stabile di discussione politica.
-7- LA RISERVA.
Questo principio è stato formulato con estrema chiarezza
dal MLN-Tupamaros. Lo riprendiamo integralmente: “La riserva consiste
nel non rischiare mai la totalità delle forze disponibili”.
Consiste anche nel tenere fuori dei lavori compromettenti interi settori dell’Organizzazione,
come anche i servizi chiave, sempre e quando si sia raggiunto un livello di
sviluppo tale che lo permetta. Vale a dire: ad un determinato livello del processo,
e a maggior ragione se questo è stato coronato dal successo, si possono
verificare le condizioni per cui sia necessario mantenere di riserva interi
gruppi, il che può diventare obbligatorio quando l’ambito in cui
ci muoviamo e le condizioni stesse non permettano di assorbire un'eccessiva
militanza clandestina. Cioè quando il terreno è saturo.
-8- IL RECLUTAMENTO.
Sono le FORZE IRREGOLARI che provvedono al reclutamento di
nuovi compagni combattenti. Esse devono dunque svolgere una doppia funzione,
d'educazione politico-militare e di filtro, estremamente difficile e pericoloso.
Il loro lavoro poi è reso ancora più complesso dal fatto che,
a misura in cui la guerriglia cresce il suo prestigio in mezzo al popolo, molti
compagni sono disposti a contribuire in mille forme al suo sviluppo anche senza
entrare necessariamente negli organismi di combattimento e fare dunque la scelta
della clandestinità.
E’ perfettamente logico che esistano diversi livelli d'impegno e diverse
possibilità di collaborazione. Ciò non significa fornire gli alibi
agli opportunisti, ma sfruttare al massimo tutte le diverse forme d'appoggio
disponibili.
Ciò detto, è bene fissare alcuni principi fondamentali:
— Nell’Organizzazione si entra solo dal “basso", qualunque
sia la storia del militante candidato. Ciò si rende necessario non solo
per questioni di sicurezza e di verifica, ma anche in positivo. Lo "stile
di lavoro" della nostra Organizzazione, infatti, ha proprie particolarità
e non può essere appreso al di fuori di una pratica di militanza che
parte dai lavori apparentemente meno importanti.
— Il giudizio che ogni cellula, in modo collegiale, deve dare prima di
proporre un nuovo compagno all’organizzazione deve essere politico, militare
e di sicurezza.
POLITICO: vuoi dire che si entra nell’organizzazione a misura in cui se
ne conoscono e condividono la linea strategica, il programma politico ed i principi
d'organizzazione.
MILITARE: vuol dire che si entra nell’Organizzazione DOPO aver dato prova
della propria totale disponibilità alla lotta armata.
SICUREZZA: vuol dire che i nuovi militanti devono essere verificati sull'applicazione
delle norme di sicurezza e di comportamento; vuol dire che non devono sussistere
zone d’ombra sul loro passato sin dall’origine della loro militanza
politica.
-9- FORZE REGOLARI E FORZE IRREGOLARI.
Alle due condizioni di clandestinità corrispondono
due tipi di forze: le FORZE REGOLARI e le FORZE IRREGOLARI. Entrambe sono essenziali
per la nostra esistenza, ma giocano un ruolo diverso.
Le FR sono composte dai quadri più maturi e di maggior esperienza che
la lotta armata ha prodotto. Esse sono completamente clandestine e i militanti
che le compongono hanno tagliato ogni genere di legame con la legalità.
La nostra esperienza dimostra che senza forze regolari è impossibile
creare e edificare basi rivoluzionarie stabili, come le colonne ed i fronti.
Le FR hanno dunque un carattere strategico e i loro compiti fondamentali sono
definiti dalle esigenze di sopravvivenza e di sviluppo dell'organizzazione delle
colonne e dei fronti.
Tra le FR si esercita un controllo reciproco e sistematicamente viene esercitata
la pratica della critica e dell’autocritica in organismi collegiali. Collegiali
sono anche tutti i centri di direzione. Come dicono i Tupamaros: "Non ci
sono vacche sacre. I rischi e le privazioni sono uguali per tutti. I dirigenti
devono prendere parte alle azioni. Non vogliamo teorici puri".
I lavori manuali sono distribuiti tra tutti i compagni e si deve fare ogni sforzo
al fine di omogeneizzare il livello ideologico. Lo stile di vita d'ogni compagno
regolare è improntato alla massima semplicità e austerità.
Le FROZE REGOLARI sono organizzate in cellule.
Anche le FORZE IRREGOLARI hanno un carattere strategico, ma i militanti di queste
forze vivono nella legalità. La loro è una clandestinità
di organizzazione ma non personale. E’ questa loro collocazione che impone
dei limiti alla loro iniziativa e sono questi limiti "oggettivi" che
definiscono la differenza con le FR.
Gli operai—partigiani delle FI svolgono però una funzione tanto
più decisiva quanto più lo scontro civile è sviluppato.
Essi hanno due compiti fondamentali: conquistare all’Organizzazione il
più ampio sostegno popolare; costruire gli organismi combattenti di movimento
e cioè le articolazioni del potere operaio nella fase attuale.
Dal punto di vista politico non vi è differenza tra i combattenti delle
FR e i combattenti delle FI. Entrambi concorrono con parità di diritti
e di doveri a far vivere la linea politica generale dell’Organizzazione.
Per questo, anche i combattenti delle FI possono essere chiamati a far parte
della Direzione Strategica.
Le FI sono organizzate in cellule di fabbrica o di fronte.
L’insieme di più cellule costituisce una brigata.
Ogni cellula deve essere composta di almeno tre unità combattenti e comunque
in nessun caso deve superare le cinque unità. Ogni cellula è rappresentata
da un comandante che la collega al livello superiore.
In quanto nucleo di potere popolare la Brigata deve godere di “autonomia
tattica”, e a tal fine dispone di una propria struttura militare e logistica.
Autonomia tattica vuol dire operare dentro la linea strategica dell’Organizzazione
ma assumersi la responsabilità delle decisioni d'intervento relative
alla propria situazione.
-10- I FRONTI DI- COMBATTIMENTO.
I Fronti sono stati costituiti per rispondere al bisogno d'elaborazione
e d'omogeneizzazione dei programmi di lavoro e di lotta in settori specifici.
Essi tagliano e percorrono l’Organizzazione verticalmente. Pertanto sono
i canali più idonei ad assolvere il compito della centralizzazione del
dibattito politico.
I fronti di combattimento in questa fase sono quattro: LOGISTICO; GRANDI FABBRICHE;
CONTRORIVOLUZIONE; CARCERI e ANTIGUERRIGLIA.
a) FRONTE LOGISTICO.
La guerriglia urbana opera in condizioni di “accerchiamento
strategico". La sua infrastruttura deve essere costruita a partire da questo
punto fermo. Rompere l’accerchiamento vuol dire eludere la rete di controlli.
Nella metropoli questi controlli non sono solo militari o, meglio, i controlli
militari utilizzano anche i meccanismi del controllo burocratico e sociale.
L’infrastruttura logistica della nostra organizzazione deve reggere a
qualsiasi controllo burocratico, sociale e militare.
Fin qui abbiamo cercato di realizzare quest'obiettivo in chiave “tattica”,
cioè abbiamo costruito l’infrastruttura sfruttando i “buchi"
del potere e i limiti tecnici delle sue capacità di controllo. In questa
fase si richiede il superamento di questa impostazione e l'assunzione di una
linea di costruzione dell’infrastruttura “insieme al popolo".
Se il guerrigliero vuole stare nella metropoli come un pesce nell’acqua
e vuole costruire la guerriglia per linee “interne al movimento di classe",
deve anche costruire sue strutture di sopravvivenza, di lavoro e di combattimento
secondo questa direttrice.
E’ un'utopia, prima ancora che un errore politico, pensare di sviluppare
la costruzione dell’infrastruttura della guerriglia a mezz'aria tra la
borghesia ed il proletariato. Il principio politico “all’interno
del movimento ed insieme alla sua avanguardia", deve trovare le opportune
mediazioni anche sul terreno dell’infrastruttura.
b) FRONTE DELLA LOTTA ALLA CONTRORIVOLUZIONE.
Questo fronte deve, da un lato analizzare ed individuare i
progetti, le organizzazioni e gli uomini chiave della reazione controrivoluzionaria
all’incalzare della guerra di classe; dall’altro deve organizzare
il popolo in organismi di combattimento per colpire senza tregua.
Rispetto all’esperienza passata si tratta di portare a fondo l’autocritica
su due tendenze errate: la perversione spionistica e l’anticipazione del
potere rivoluzionario su base locale.
La prima tendenza porta a costruire un fronte come una struttura “tecnica"
di raccolta d'informazioni, ma non riesce a cogliere le tensioni profonde che
scuotono il movimento di classe e, dunque, ad organizzare il popolo in organismi
combattenti.
La seconda, ostinandosi a costruire cellule rivoluzionarie su base locale, di
quartiere per esempio, non riesce a conciliare la forma specifica in cui le
contraddizioni si presentano a livello locale con le tendenze generali. Il risultato
è scontato: l’impossibilità di portare l’attacco sulle
contraddizioni principali.
c) CARCERI E ANTIGUERRIGLIA.
L'alto numero delle perdite è una legge della guerriglia urbana. In una
certa misura essa è anche indipendente da errori di struttura o di comportamento.
La galera è dunque una seconda casa per il rivoluzionario.
Non si tratta di starci bene, ma di non starci affatto. L’evasione rimane
l’obiettivo principale d'ogni prigioniero politico. Il fronte deve creare
le strutture e le condizioni affinché ciò sia possibile. Deve
cioè dare corpo alla parola d’ordine dell’Organizzazione:
“la liberazione dei prigionieri politici è un obiettivo irrinunciabile
del nostro programma rivoluzionario".
In secondo luogo, poiché comunque la permanenza per alcuni può
essere prolungata si tratta:
—di organizzare il movimento dei detenuti rivoluzionari su una base politico
militare entro la strategia della guerra di classe;
—di appoggiare e garantire dall’esterno i suoi OBTETTIVI e la sua
SICUREZZA anche attraverso un’azione di rappresaglia selettiva e d'intensità
proporzionale alle violenze subite.
I carcerieri devono sapere che “niente resterà impunito",
e devono esserne convinti sulla base dei fatti.
In terzo luogo si tratta del fatto che il fronte deve garantire i collegamenti
politici con tutti i compagni incarcerati e provvedere ai bisogni materiali,
culturali e legali.
Ma ciò non basta ancora. Infatti, intorno all’incarceramento ruotano
tutti gli istituti preposti alla cattura ed al giudizio, e cioè i corpi
antiguerriglia e la magistratura di regime. Strumenti di guerra e di rappresaglia
antirproletaria che vanno conosciuti e trattati con pari violenza. Anche l’organizzazione
di questo lavoro è compito di questo fronte.
d) FRONTE DELLE FABBRICHE.
Il nostro lavoro nelle fabbriche ha come obiettivo principale
quello di costruire le basi strategiche del POTERE OPERAIO. Un secondo obiettivo
è quello di organizzare dentro la guerriglia, e cioè dentro l'organizzazione,
gli strati d'avanguardia della classe operaia.
I compagni dell’organizzazione devono dunque muoversi lungo due direttrici.
Da un lato, essi devono mettersi alla testa di tutte le tensioni politiche che
scuotono la fabbrica ed orientare così il movimento su quegli obiettivi
che esprimono il massimo di coscienza possibile in quella situazione.
Dall’altra, attraverso l’azione di guerriglia, devono aprire nuovi
terreni di lotta e difendere il movimento dalle rappresaglie del potere.
Va compreso a fondo il concetto che TRA GLI OBIETTIVI DEL MOVINENTO E GLI OBIETTIVI
DELLA GUERRIGLIA ESISTE UNA RELAZIONE DIALETTICA ESSENZIALE che sta ai compagni
comprendere ed evidenziare in tutte le loro iniziative.
Ogni brigata, cioè, deve vivere in un ben definito contesto politico,
mentre devono essere assolutamente battute le tendenze “cospirative"
di quei compagni che concepiscono la clandestinità come “separazione”.
La brigata deve combattere e far combattere, organizzarsi ed organizzare il
movimento ai livelli storicamente possibili perla guerra civile, per lo scontro
di potere. Questo vuol dire dialettizzare la guerriglia con il movimento di
resistenza espresso dalla classe operaia.
A tale scopo intorno alla brigata è necessario che si articolino molte
reti di propaganda ed appoggio al fine di raggiungere e, quindi, di organizzare
al livello opportuno tutti i livelli di coscienza disponibili allo scontro rappresentati
nella fabbrica.
Il settarismo è una maledizione di cui dobbiamo liberarci senza con ciò
perdere la capacità politica di stabilire nette discriminanti e legami
organizzativi corrispondenti.
Unirci al popolo per unire il popolo nella guerra di classe rivoluzionaria è
il principio supremo che deve in ogni occasione stare a fondamento del nostro
lavoro di costruzione del potere operaio.
-11- RETI DI PROPAGANDA E DI APPOGGIO.
Le Forze Irregolari s'innervano nel movimento, nelle sue espressioni
spontanee ed istituzionali di massa mediante reti di propaganda e reti d'appoggio
stabili.
Le reti di propaganda hanno una duplice funzione: come radici di un albero tengono
ben salda l’Organizzazione dentro le manifestazioni più vive della
classe e consentono una capillare circolazione d'informazioni verso l’Organizzazione
e di propaganda, parole d’ordine e indicazioni di lotta verso il movimento.
Quanto più estesa ed articolata sarà questa rete di propaganda,
tanto maggiore sarà la capacità della guerriglia di costruire
il POTERE POPOLARE.
Le reti d'appoggio sono composte di compagni politicamente omogenei, che per
varie ragioni possono offrire all’Organizzazione importanti servizi, senza
per questo entrare nelle strutture di combattimento.
Ogni brigata, deve disporre del maggior numero di reti d'appoggio e di propaganda,
e ogni compagno di brigata dovrà incaricarsi dell'educazione politica
e politico-militare necessaria a quel livello di militanza.
-12- LE COLONNE.
La nostra scelta di sviluppo dell’Organizzazione per
poli, implica da un punto di vista organizzativo un analogo processo di crescita
per Colonne.
Esse realizzano uno “sdoppiamento progressivo" dell’Organizzazione.
La colonna è dunque un'unità organizzativa globale che riflette,
sintetizza e media al suo interno tanto la complessità del polo e delle
sue tensioni, che la complessità dell’Organizzazione, la sua impostazione
strategica, la sua linea politica.
Dicendo che le colonne sono unità politico militari globali, intendiamo
dire che esse devono essere in grado di operare su tutti i fronti all’interno
del loro territorio.
Da un punto di vista politico esse si centralizzano attraverso la Direzione
Strategica ed i Fronti.
Da un punto di vista militare esse sono autosufficienti e perciò si danno
come obiettivi massimi di scontro quello che sono in grado di realizzare autonomamente.
Da un punto di vista organizzativo esse sono indipendenti e compartimentate
tra loro. E cioè contano su un proprio apparato logistico in grado di
risolvere TUTTI i problemi. Per nessun motivo una colonna deve appoggiarsi su
un’altra per la realizzazione dei servizi.
Piuttosto che rompere la compartimentazione o infrangere questo principio è
meglio assumere tempi di crescita più lunghi.
Tutte le colonne devono muoversi secondo il principio “contare sulle proprie
forze".
La creazione di nuove colonne nello stesso polo o in altri poli, deve sempre
avvenire per partenogenesi, ovvero per sdoppiamento progressivo dell'Organizzazione.
E cioè i quadri che hanno realizzato un’esperienza complessiva
di combattimento e d'organizzazione in una colonna, si dividono e danno origine,
unendosi a nuove forze irregolari, ad altre Colonne.
E’ tradizione del movimento rivoluzionario intitolare le sue organizzazioni
combattenti agli eroi che con il loro sangue hanno indicato alle masse proletarie
quale prezzo ognuno deve essere disposto a pagare per la libertà di tutti,
per una società come noi la vogliamo: comunista.
.Questa deve essere anche la nostra tradizione. Così intitoleremo la
colonna di Torino alla compagna Margherita Cagol. Da oggi dunque la colonna
torinese si chiamerà: “Colonna Margherita Cagol 'Mara'(Torino)".
-13- I COMITATI RIVOLUZIONARI.
Lo sviluppo per colonne centrate sui poli metropolitani rischia
di tradursi in una architettura astratta, nella misura in cui non tiene conto
del fatto che anche all'esterno dei poli si vanno liberando energie decise a
muoversi sul terreno della guerra di classe.
Come utilizzare e, prima ancora, come organizzare queste forze?
In cinque anni di lotta della nostra organizzazione non abbiamo dato una risposta
soddisfacente alla questione. Abbiamo oscillato fra due estremi: ignorare il
problema o invitare i compagni più insistenti a trasferirsi nei poli.
Ora dobbiamo dare una risposta meno strumentale.
Innanzi tutto dobbiamo prendere atto dell’esistenza di nuclei che si vanno
disponendo al combattimento o che già combattono all’esterno dei
poli. Nuclei che, per la loro origine e per la loro base sociale, non possono
essere sradicati o “trapiantati". Dobbiamo capire che non e possibile
trasferire queste avanguardie locali senza distruggere dei focolai d'iniziativa
rivoluzionaria, cioè senza creare le premesse di una contraddizione che,
sul lungo periodo, potrebbe dimostrarsi dannosissima tra la città e la
periferia.
Del resto, stante la maggior rarefazione del potere, anche la periferia può
svolgere, in questa fase, un’importante funzione di supporto e di sostegno
alla guerriglia urbana. E’ attraverso quest'azione che i combattenti delle
aree periferiche possono costruire l’esperienza e le capacità politico—militari
per il passaggio alla seconda fase: la guerra di popolo generalizzata.
Queste forze possono essere organizzate in Comitati Rivoluzionari affiancati
alle colonne. Per Comitato Rivoluzionario intendiamo una struttura interna all’Organizzazione,
un’articolazione politico—militare delle Colonne, un organismo combattente.
Deve essere esclusa ogni concezione del comitato rivoluzionario che tenda a
ridurlo ad una struttura di servizio ed anche dobbiamo rifiutare ogni stemperamento
della sua funzione combattente.
Il Comitato Rivoluzionario è la forma del potere rivoluzionario nella
periferia e non una vaga accozzaglia di simpatizzanti. I suoi componenti sono
compagni dell’Organizzazione che agiscono all’interno della strategia,
della tattica e del programma politico—militare. E per questo, essi, dell’Organizzazione,
assumono in tendenza anche il nome ed il simbolo.
La differenza tra Colonna ed il CR, in questa fase, consiste nel fatto che quest’ultimo
funzionalizza sé stesso agli interessi dominanti della colonna di riferimento
e, quindi, a questa subordina la sua iniziativa.
Inoltre, proprio per le caratteristiche sociali e geografiche dei territori
in cui operano, i CR devono essere composti esclusivamente da FI.
-14- LA DIREZIONE STRATEGICA.
E’ la massima autorità della nostra Organizzazione.
Essa raccoglie e rappresenta tutte le tensioni e le energie rivoluzionarie maturate
nei fronti, nelle colonne e nelle forze irregolari.
Sono gli organi di direzione collegiali delle colonne e dei fronti che eleggono
i membri della DS, ma il Comitato Esecutivo può porre il veto su eventuali
nomine quando esistano motivi di sicurezza che lo impongano. Le motivazioni
d'eventuali esclusioni dovranno, comunque essere rese pubbliche durante l’assemblea.
E l’assemblea ha il potere di decidere.
I membri della DS rimangono in carica da una sessione all’altra e possono
essere riconfermati o non riconfermati.
Sta al consiglio della DS formulare gli orientamenti generali e di linea politica
dell’organizzazione. Gli sono riconosciuti da tutti i membri dell’Organizzazione
i seguenti diritti:
— il diritto di emanare leggi e regolamenti rivoluzionari;
—il diritto di applicare correzioni disciplinari nei confronti di quei
membri dell’organizzazione che abbiano tenuto un comportamento scorretto
o controrivoluzionario;
—il diritto di formulazione, approvazione e revisione del bilancio;
—il diritto ed il potere di modificare le strutture dell’Organizzazione;
il diritto di nominare i membri del Comitato Esecutivo e di chiedere ragione
del loro operato.
Il Consiglio potrà essere riunito normalmente due volte l’anno
e straordinariamente quando ciò sia richiesto almeno da una Colonna,
da un Fronte o dal Comitato Esecutivo.
-15- IL COMITATO ESECUTIVO.
Al Comitato Esecutivo spetta il compito di dirigere e coordinare
l’attività delle colonne e dei fronti tra un Consiglio e l’altro.
Esso risponde del suo operato direttamente ed esclusivamente al Consiglio e
da questo viene nominato e può essere revocato.
Nel CE devono essere rappresentati i Fronti e le Colonne in modo da consentire
un’efficace centralizzazione dell’informazione e una rapida esecuzione
delle direttive. Tutte le azioni militari di carattere generale devono essere
approvate dal CE.
Tutte le azioni d'esproprio devono essere approvate dal CE.
Per decisioni particolarmente importanti che impegnano l'Organizzazione il CE
dovrà consultarsi con i vari membri della DS.
Il CE potrà applicare quelle sanzioni che riterrà più idonee
a garantire la disciplina rivoluzionaria.
Al CE spetta la responsabilità dell’amministrazione e del patrimonio
dell‘Organizzazione.
Spetta anche al CE la responsabilità politica della stampa d’Organizzazione
e dell’emissione di comunicati politici generali.
I membri del CE non devono avere rapporti politici con l’esterno dell‘Organizzazione.
Non devono svolgere azione di reclutamento.
Devono restringere all’indispensabile e tendenzialmente eliminare anche
i rapporti con le FI.
Essi partecipano, come tutti gli altri membri dell’Organizzazione, alle
azioni militari, d'esproprio e ai lavori manuali.