Biblioteca Multimediale Marxista
tratto da un libro di Garzanti 1977
BRIGATE ROSSE
L’attacco incessante che da quattro anni la sinistra
rivoluzionaria va conducendo all’organizzazione capitalistica del lavoro
e del potere, ha definitivamente affossato ogni illusione di dare uno sbocco
riformista alla crisi di regime in atto nel paese.
un fatto che la borghesia ha infilato diritta la strada della repressione violenta
e sistematica delle lotte e che un generale spostamento a destra si è
realizzato all’interno del quadro istituzionale. Le vicende di questi
ultimi mesi lo dimostrano ampiamente e l’elezione di Leone coi voti palesi
dei fascisti o le elezioni politiche anticipate preparate da un monocolore DC
che raccatta ogni genere di rifiuti fino a Pella e Gonella, sono solo gli episodi
più appariscenti.
Alla permanenza e all’intensificarsi della resistenza proletaria i padroni
contrappongono un progetto strategico di riorganizzazione reazionaria e neofascista
dello stato: il progetto di una grande destra nazionale.
Siamo ancora alle prime battute, ma al di là delle contraddizioni tattiche
con cui questo progetto deve fare i conti se ne intravedono ormai le linee fondamentali.
Nelle grandi fabbriche dove il rifiuto del lavoro cresce fino a diventare rifiuto
del potere le lotte vengono represse con ogni mezzo. Basta guardarsi in giro
per vedere come, sempre più, aumenta l’intransigenza dei padroni
pubblici e privati che, decisi a nulla concedere fanno intervenire con sempre
maggior frequenza la polizia nelle vertenze operaie. E poi c’è
l’organizzazione dei crumiri, dei nuovi sindacati padronali e delle squadracce
fasciste, queste ultime vere e proprie forze dell’ordine civile che all’occorrenza
si uniscono e danno manforte, spiando, provocando, facendo del terrorismo, alle
“forze dell’ordine” dello stato.
I grandi giornali padronali, la radio e la TV fanno il resto. Con il pretesto
della “lotta alla criminalità” non perdono occasione per
confondere le idee alla classe operaia presentando e contrabbandando la crescente
militarizzazione e fascistizzazione dello stato come “esigenza dell’ordine
pubblico” e cioè preparano il terreno per un “attacco finale”
in tempi stretti alle avanguardie rivoluzionarie presentate come “minoranze
criminali”.
Proprio per questo le grandi metropoli del nord sono ormai quotidianamente sottoposte
a giganteschi rastrellamenti, a continui posti di blocco, vere e proprie esercitazioni
antiguerriglia, con impiego di ingenti forze di polizia e carabinieri; (nell’ultimo
a Milano sono stati impiegati 5.OOO uomini!).
Siamo cioè di fronte ad uno stato “militarizzato” che non
riuscendo più ad organizzare per via pacifica il consenso, si prepara
ad imporlo con le armi.
La borghesia utilizza per questo suo progetto tutte le forze politiche disponibili
sul mercato. Nessuno gli fa schifo, né La Malfa, né Ferri, né
Andreotti, né Almirante. Ma la forza trainante in questo momento è
il MSI.
Sarebbe dunque un errore ricondurre la questione del neofascismo entro schemi
pre-resistenziali. Oggi siamo di fronte ad un tentativo « nuovo »
di costruire intorno alle esigenze dello Stato imperialista una “base
sociale” stabile.
Il neofascismo in altre parole — almeno in questa fase — non mira
di tanto ad una liquidazione istituzionale dello “stato democratico”,
quanto alla repressione ferocissima del movimento delle lotte; non si manifesta
come appariscente modifica istituzionale, ma come pratica quotidiana di governo.
In questa prospettiva il disegno di una destra nazionale raccolta intorno ad
un progetto d’ordine, costruito su misura delle attuali e future necessiti
produttive dei padroni, ha certamente un respiro più lungo di quel “centro-destra”
di mediazione messo su per scopi elettorali dai leaders scudocrociati.
Non è un caso che molti personaggi democristiani, guardando lontano,
siano tra i più solerti sostenitori della destra nazionale, tra i più
attivi promotori della maggioranza silenziosa.
Del resto c’è spazio per tutti in questa prospettiva: sia per chi
vuol muoversi sul binario della “legalità”; sia per chi al
contrario preferisce la via delle bombe, del terrorismo e dello squadrismo.
Ed è proprio nella combinazione del terreno politico di scontro con quello
armato, che va vista la forza attuale del neofascismo: maggioranza silenziosa
e terrorismo non sono realtà contraddittorie, come non ne lo sono i corpi
armati dello stato e le squadracce nere di Almirante.
A breve termine il blocco neofascista insegue alcuni obiettivi.
Primo è quello di organizzare, utilizzando i vari centri anticomunisti,
quegli strati piccolo e medio-borghesi esasperati dalla “crisi”
o minacciati dallo spettro delle lotte operaie come massa di pressione politica
anticomunista nel gioco elettorale.
Secondo obiettivo è quello dì concretizzare attraverso la CISNAL
e gli altri sindacati gialli padronali, una spaccatura all’interno della
classe operaia, puntando sui suoi strati ideologicamente e politicamente più
deboli, in modo da arrivare alle vicine scadenze contrattuali con la classe
operaia divisa ed una “destra” organizzata nelle fabbriche.
Il neosquadrismo è al servizio di questa prospettiva. Gli attacchi squadristici
servono infatti, facendo leva sulla paura, a immobilizzare la grande massa operaia
e a “staccarla” dagli “estremisti”, cioè dai
militanti più combattivi e dalle avanguardie rivoluzionarie che non intendono
farsi calpestare.
Terzo obiettivo è quello di creare nei rioni popolari punti di riferimento
organizzati per svolgere un intervento “politico” demagogico e qualunquista
di disturbo in vista delle elezioni.
Infine, ultimo obiettivo è la costruzione — a lato dello stato
— di una forza militare clandestina in grado di sviluppare, secondo le
necessità politiche generali, sia una attività terroristica vera
e propria (bombe di piazza Fontana), sia una attività di provocazione
— in combutta con la polizia — contro le forze che si battono per
affermare nel movimento di resistenza popolare la necessità del passaggio
alla lotta armata (assassinio del compagno Feltrinelli).
Tutti questi obiettivi hanno un elemento comune: la volontà di annientamento
della sinistra rivoluzionaria e di neutralizzazione della sinistra istituzionale.
Opporsi a questo progetto non basta.
Ciò che noi sosteniamo è che questa opposizione deve avere un
respiro strategico, deve cioè essere una opposizione armata.
La guerra contro il neofascismo è un momento della guerra rivoluzionaria
di classe, è un passaggio obbligato del movimento di resistenza popolare
nella sua lunga marcia per edificare un potere proletario e comunista.
Come tutte le guerre essa va combattuta oltre che sul piano politico e ideologico
anche e soprattutto sul piano militare.
Essa è cioè un fronte della lotta armata.
Detto questo si capisce perché, nostro obiettivo in questa lotta non
è quello del PCI o di altre forze democratiche “sinceramente antifasciste”,
di denunciare le violenze degli squadristi facendo inchieste e dossier per chiedere
allo stato di intervenire a difesa della legalità repubblicana.
I proletari non hanno stato: lo subiscono!
Lo stato per chi lavora non è altro che l’organizzazione della
violenza quotidiana. Per questo i proletari non intendono più chiedere
autorizzazioni a nessuno per esercitare in modo diretto la loro infinita potenza;
per amministrare questa potenza secondo i criteri della giustizia che nasce
in mezzo al popolo.
La guerra al neofascismo e allo stato imperialista è una conseguenza
inevitabile della militarizzazione del regime che caratterizza questa fase dello
scontro di classe nel nostro paese.
Essa non avrà tregua né potrà cessare fino a che i fascisti
non saranno annientati ed il vecchio apparato statale distrutto.
C’è chi dice che con le elezioni si possono cambiare le cose, che
la “rivoluzione” si può fare anche con la scheda elettorale.
Noi non ci crediamo. L’esperienza già fatta dopo la guerra di liberazione
partigiana non può essere nascosta. La conosciamo tutti: abbiamo consegnato
il fucile e da quel momento ci hanno sparato addosso!
Quanti morti nelle piazze dal ‘43?
Quale il nostro potere oggi?
L’esperienza della lotta di classe nell’epoca dell’imperialismo
ci insegna che la classe operaia e le masse lavoratrici non possono sconfiggere
la borghesia armata senza la potenza dei fucili.
Questa è una legge marxista, non una opinione.
Non siamo astensionisti. Non siamo per la scheda bianca. Ma diciamo a tutti
i compagni, con chiarezza, che il voto oggi divide inutilmente la sinistra rivoluzionaria;
che il voto non paga la nostra richiesta di potere; che non è col voto
che si combatte la controrivoluzione che striscia in tutto il paese.
Unire la sinistra rivoluzionaria nella lotta armata contro il neofascismo e
contro lo stato che lo produce, è il compito attuale dei militanti comunisti.
Liberare le grandi fabbriche ed i rioni popolari dalle carogne fasciste; strappargli
di dosso con rapide azioni partigiane le pelli di agnello di cui si ammantano
in questi tempi di elezioni; mettere a nudo con fulminee azioni guerrigliere
le complicità nascoste, i legami sotterranei, le trame reazionarie che
uniscono i padroni, lo stato e l’esercito nero di Almirante SONO ESIGENZE
GIA MATURE NELL’ANIMO DELLE GRANDI MASSE POPOLARI.
Ma le forze rivoluzionarie devono, adesso, osare. Osare combattere. Combattere
armati. Perché nessun nemico è mai Stato abbattuto con la carta,
con la penna o con la voce; e a nessun padrone è mai stato tolto il suo
potere con il voto!
Brigate Rosse
Aprile 1972