Biblioteca Multimediale Marxista
Il problema del potere
14 febbraio 1922
Il processo attraverso il quale si è svolta in Italia la conversione del
movimento politico proletario verso le posizioni di principio e di tattica del
comunismo, con i noti episodi che lo hanno caratterizzato fino alla recente scissione
in minoranza dei comunisti da un partito che già aderiva alla Terza Internazionale
e quei principi e metodi dichiarava di aver abbracciato nella sua grande maggioranza,
questo processo colle sue discontinuità ha offerto il destro agli avversari
del comunismo di insidiare la formazione di una vera coscienza e preparazione
rivoluzionaria, prima che colla loro abile tattica politica, colla semplice critica
teorica tendente a battere in breccia le affermazioni comuniste troppo leggermente
formulate e difese in un primo tempo. E' compito, lo abbiamo detto altre volte,
del Partito Comunista, che in modo organico continua oggi l'opera proficua delle
correnti propriamente comuniste sorte nel vecchio partito, ristabilire anzitutto
le chiare posizioni di principio che nettamente si differenziano dalle altre e
tradizionali scuole socialiste, creando quella incompatibilità e quel contrasto
di pensiero e di azione che ovunque hanno schierato i partiti comunisti contro
gli avanzi dei vecchi partiti della Seconda Internazionale.
Su questo abisso, che oggi appare ancora prevalentemente sotto l'aspetto teorico,
ma che ogni giorno di più diviene antitesi violenta ed implacabile nell'azione,
si sarà invano tentato di gettare la insidiosa, passerella unitaria, fragile
e ingannevole ponte su cui il proletariato, ove si inoltrasse, si avvierebbe a
precipitare nel baratro della controrivoluzione.
Stato e classi sociali
Le conseguenze della guerra e gli avvenimenti di quei paesi ove prima esse hanno
determinato convulsioni rivoluzionarie, hanno posto in tutta la sua chiarezza
il problema della emancipazione della classe proletaria , rimettendo in piena
evidenza la soluzione geniale datane dal marxismo e provocando una violenta polemica,
preludio dovunque di una lotta senza quartiere, anche colle armi in pugno, tra
i seguaci di quel metodo rivoluzionario diventato patrimonio della Internazionale
Comunista, ed i vecchi socialisti rimasti sul terreno delle degenerazioni riformistiche
dei concetti marxistici.
Il punto centrale del contrasto tra questi due metodi sia nel modo di considerare
il problema del potere nei rapporti tra le classi, nello sviluppo che dall'attuale
dominio della classe borghese deve condurre alla vittoria definitiva del proletariato.
I socialdemocratici, che si sforzano di rivendicare il loro legame al ceppo marxista,
mostrano di accettare alcune posizioni fondamentali, quando affermano di essere
socialisti e spiegano che per aver diritto a questo aggettivo basta, secondo essi,
accettare i criteri della collettivizzazione economica, e della necessità
che per raggiungere questa il proletariato pervenga ad impossessarsi del potere
politico, oggi detenuto dalla classe capitalistica. Di qui comincerebbe una secondaria
divergenza di scuole e di tendenze. Invece è importantissimo mostrare che
dalla posizione che si assume dinanzi a questioni che sembrano presentarsi logicamente
dopo, dinanzi cioè al modo preciso e concreto di intendere il trapasso
del potere politico dalla borghesia al proletariato, emergono così profondi
contrasti che rilevano l'antitesi di principio tra coloro che il pensiero marxista
seguono senza arrestarsi alle sue estreme conseguenze, e coloro che lo contorcono
fino al punto di trarne tali conclusioni, che dimostrano in chi le sostiene una
mentalità perfettamente antirivoluzionaria e borghese, preludio di una
alleanza di fatto colla borghesia quando il comunismo dal campo della critica
volga a quello della preparazione e della azione decisiva.
Stato borghese e stato proletario
E' pacifico che l'attuale Stato borghese è il protettore degli interessi
e dei privilegi capitalistici, e che lo Stato proletario di domani dovrà
essere invece l'artefice della demolizione dei privilegi economici del capitalismo
ed il costruttore della economia collettiva, ossia delle basi di una società
senza divisioni di classe e senza Stato. Ma ottenuta l'adesione formale a queste
tesi teoriche del marxismo , a cui si riattaccava nel suo discorso di Livorno
lo stesso Turati, occorre chiedersi e chiedere quali caratteri avrà lo
Stato proletario che lo differenzino dallo Stato attuale, per poter risolvere
il problema concreto degli aspetti della crisi che condurrà dal primo al
secondo problema da cui dipendono le vitali conclusioni di ordine tattico che
devono guidare l'azione del proletariato.
Su questo punto l'Internazionale Comunista, forte di decisive esperienze e conferme
della storia che vive, pone delle tesi che, la giusta e geniale documentazione
e disamina di Nicola Lenin nella poderosa sua critica dello Stato nel trapasso
rivoluzionario, riconfermano luminosamente l'attitudine che presero in materia
Carlo Marx e Federico Engels. Lo Stato proletario non potrà conservare
nè l'attuale sistema di rappresentanze elettive dello Stato borghese, ne
tanto meno il suo apparato, la sua organizzazione esecutiva e funzionale burocratica,
giuridica, poliziesca e militare. Cioè - diciamolo subito - non vuol dire
che lo Stato proletario non avrà le sue rappresentanze elettive, e il suo
meccanismo esecutivo con funzionari , tribunali, polizia ed esercito: ciò
vuol dire che questo nuovo apparato sarà totalmente diverso da quello attuale,
anche perché non avrà bisogno della distinzione esistente nello
Stato borghese tra l'apparato rappresentativo e quello esecutivo, ma soprattutto
per fondamentali differenze di struttura, derivanti dalla opposizione dei compiti
storici da svolgere, che le rivoluzioni proletarie, dal glorioso tentativo della
Comune di Parigi, al trionfo della Repubblica russa dei Soviet, hanno messo in
luce decisiva.
Gli istituti dello stato proletario
Quei cosiddetti socialisti che non intendono come le istituzioni rappresentative
dello stato borghese: Parlamenti, consigli comunali e provinciali, non possono
essere le rappresentanze di uno Stato proletario, non intendono nulla del contenuto
centrale del marxismo: la critica della democrazia. Non intendono come il principio
fondamentale democratico di dare eguale diritto elettorale politico a cittadini
di tutte le classi sia nato colla borghesia e debba morire con essa, in quanto
il suo funzionamento equivale alla garanzia che il potere resti nelle mani della
classe capitalistica. Non vogliamo ripetere gli argomenti teorici di questa dimostrazione,
ma solo ricordare che l'attuale convulsionario periodo nel quale sono germinati
governi di ogni specie non solo non v'è esempio di un governo socialista
su base democratica parlamentare che assolva la funzione di demolizione dei privilegi
borghesi, ma quei governi di tal natura che esistono in alcuni paesi sono i più
feroci complici della borghesia interna ed estera ed esercitano la reazione antirivoluzionaria
peggiore.
Lo Stato proletario appunto in quanto tende non a conservare stabilmente i rapporti
di oppressione e di sfruttamento di una classe su l'altra, ma fa pesare sulla
borghesia la volontà organizzata del proletariato allo scopo di sopprimerla
col più rapido processo possibile e dar luogo alla società senza
classi, deve fin dal primo momento negare alla borghesia, le cui funzioni economiche
non può istantaneamente sopprimere, ogni forma di diritto ad attività
politica.
La storia ha dimostrato che l'unica forma possibile di potere proletario è
quella che ha per organi di rappresentanza non i Parlamenti ed altri istituti
democratici, ma i consigli eletti solo dai membri della classe proletaria. A una
simile forma di potere, alla dittatura proletaria, non si arriva attraverso la
democrazia, ma attraverso la demolizione di essa.
Ecco un punto fondamentale di dissenso tra i comunisti e i socialdemocratici,
che pensano di andare al potere nei Parlamenti e coi Parlamenti. La diversità,
l'antitesi, strettissimamente connessa col modo di considerare la macchina esecutiva
dello Stato borghese. Infatti, qualunque trapasso parlamentare di potere, anche
se fosse accompagnato da esteriori mutamenti di certe forme costituzionali, si
risolverebbe nel cambiare i ministri, cioè in fondo coloro che meno influiscono
sulla routine del funzionamento di tutto l'apparato statale. Mentre i comunisti
si propongono di costituire una nuova macchina di potere le cui funzioni rispetto
a quella borghese siano perfettamente capovolte, i socialdemocratici presentano
al proletariato la possibilità di prendere la macchina attuale con procedimento
parlamentare, ossia pacifico e legalitario, e servirsene per i fini rivoluzionari
della espropriazione della borghesia.
La conquista proletaria del potere
Vi sono quindi due concezioni diametralmente opposte della presa del potere da
parte del proletariato. Anche i D'Aragona, anche i Baldesi, dicono di essere per
la presa del potere, e di aver abbandonata la vecchia tesi riformistica, di accettare
parte del potere sotto forma di alcuni rappresentanti socialisti in un Ministero
borghese. Ed i comunisti unitari avanzano ciò come una accettazione della
tesi comunista, appunto dimostrando con questo che neppure essi sono sul terreno
vero e proprio del comunismo. Il problema infatti non sta nella proposta di andare
al potere, ma nel riconoscere o non riconoscere la fondamentale affermazione comunista
che IL POTERE DELLO STATO RESTA DI FATTO NELLE MANI DELLA BORGHESIA FIN QUANDO
SONO IN PIEDI GLI ISTITUTI PARLAMENTARI ED ESECUTIVI DELLO STATO ATTUALE. Poiché
una maggioranza parlamentare od un Ministero socialista non potranno mai sopprimere
il Parlamento con cui saranno ascesi alla direzione dello Stato: poiché
anche se questo assurdo non fosse evidente è evidentissimo che essi non
potranno nè imprimere alla macchina esecutiva un moto e una funzione diversa
da quelle che sono nella sua natura, e tanto meno abbatterla, poiché è
proprio essa che costituisce la forza organizzata dello Stato che dovrebbe essere
a loro disposizione per l'attuazione dei loro propositi: questa andata al potere
non si risolverebbe che in una illusione di cui vedremo altra volta le conseguenze
per il proletariato. Tra un simile programma e quello comunista vi è tale
contraddizione che ogni mezzo termine è inconcepibile. Certi che il proletariato
nel suo cammino o costruirà gli istituti suoi propri di governo, o ricadrà
sotto la dominazione borghese, certi che in questo cammino il proletariato si
incontrerà nell'ostacolo dell'apparato di forze organizzate ed armate dello
Stato borghese, che non ha per suo fine la difesa di una legalità convenzionale
che possa dar ragione oggi alla conservazione borghese, domani alla rivoluzione
proletaria, ma ha per suo fine la protezione anche con la forza e con le stragi
del regime capitalistico: i comunisti dicono al proletariato che sulla via della
sua emancipazione vi è la necessità della lotta armata contro il
sistema statale borghese, che la presa del potere da parte della classe lavoratrice
non è effettiva se non con la distruzione dei Parlamenti, della burocrazia,
della polizia, dell'esercito borghese, e che quindi la lotta deve essere intrapresa
ponendo bene in evidenza che sarà la forza armata il mezzo risolutivo indispensabile
per trionfare. All'uso di essa il proletariato deve dunque essere preparato, idealmente
distruggendo i pregiudizi borghesi così cari ai socialdemocratici, dell'avvento
al trionfo proletario per vie legalitarie, materialmente organizzando l'azione
violenta proletaria che spontaneamente propone nel periodo attuale, e non condannandola
e deplorandola come fanno ad ogni passo i socialdemocratici e i semi-socialdemocratici.
La distinzione è dunque chiarissima ed ogni confusione tra i due metodi
è impossibile malgrado tutti gli sforzi del centrismo italiano che affetta
di essere la sinistra del Partito socialista ed è per la causa rivoluzionaria
più pericoloso della destra stessa. Andare al potere, prendere il potere,
conquistare il potere politico, ma come? Non col mezzo parlamentare, non con azioni
pacifiche, capaci solo di condurre al cambiamento l'etichetta dell'attuale apparato
statale di oppressione borghese: ma col fine di demolire il sistema di rappresentanza
democratica e l'apparecchio di governo presente col mezzo unico a ciò adeguato,
dell'azione violenta rivoluzionaria delle masse. Sono solo comunisti, sono solo
con la Internazionale di Mosca, quelli che affermano un tale programma e dimostrano
di lavorare per esso. Gli altri dal più sinistro al più destro,
non sono che i complici e i servitori della classe dominante.