Biblioteca Multimediale Marxista
1 maggio 1921
Il Partito Comunista è sorto in Italia tra diffidenze e diffamazioni,
che sebbene da noi controbattute senza risparmio di slancio polemico, qualche
traccia hanno pur lasciato nelle masse italiane e nei compagni all'estero. I
più disparati e azzardati giudizi sulla sua composizione e sulla sua
genesi, e le più inverosimili critiche aprioristiche si concludono quindi
inevitabilmente nell'ultrafilisteo: lo attenderemo alla prova, lo giudicheremo
dalle opere, questo Partito che si presenta con tanto bagaglio di critica incessante
e di acerba rampogna a tutti i suoi avversari.
Si immagina che il Partito sia sorto per il capriccio di quelli che oggi ne
fanno parte o ne hanno la dirigenza, e si considerano costoro come i firmatari
di una cambiale a breve scadenza da pagare coll'avvento della rivoluzione. Colla
stessa logica alle minoranze che nel 1914 e 1915 in vari paesi si staccavano
dal partito che avevano tradito nella dedizione social-patriottica, si poneva
lo specioso dilemma: o impedire la guerra, o rinunciare ad inchiodare alla gogna
quei traditori che la guerra avevano appoggiata. Il Partito Comunista, mentre
secondo le sue dottrine e la sua tattica realizza la concentrazione delle massime
energie proletarie nella effettiva preparazione rivoluzionaria, mentre rivendica
il suo costituirsi attraverso la scissione del vecchio Partito, come una tappa
indispensabile sul cammino della emancipazione del proletariato italiano, non
perde il diritto ad impugnare la mancata utilizzazione di tutte le possibilità
di preparazione e di azione rivoluzionaria che la situazione ha fino ad oggi
presentate, ed anche, per diretta conseguenza, sebbene in grado minore, di quelle
che presenterà al vecchio Partito, all'opera nefasta della sua destra
e del suo centro, alla sua attuale influenza controrivoluzionaria.
Il Partito Comunista quindi, in forza di tutta la esperienza eloquente della
lotta rivoluzionaria nazionale e mondiale, tende a dare il massimo utile rendimento
all'opera indefessa di preparazione rivoluzionaria, e mentre nutre della sua
fede, della sua volontà, dello sforzo e del sacrificio dei suoi militanti
di qualunque grado, la fatale vittoria della rivoluzione, al disopra del gioco
delle forze contrarie da cui questa dipende e il cui sviluppo si presenta difficile
e complesso, difende ed afferma la ragione del suo costituirsi della sua battaglia
come una risultanza dello storico svolgimento della lotta di classe, come una
necessità logica del susseguirsi dei fatti sociali, che nessuna critica
ridotta al pettegolezzo può lontanamente intaccare.
I Partiti della classe proletaria non sono solo i depositari della esperienza
critica che discende dalle alterne vicende della lotta di classe, ma sono risultati
reali della lotta stessa e si formano e si decompongono secondo un processo
che segue le fasi della vita del mondo capitalistico, che ne è il riflesso
e l'effetto, mentre costituisce la parte più suggestiva del fenomeno
per cui, nel suo evolvere, il regime presente enuclea dal seno della società
le forze che dovranno distruggerlo: i suoi becchini .
La storia del formarsi dei partiti del proletariato ha dato luminosi insegnamenti
che si riassumono nelle posizioni di principio e di metodo della Internazionale
Comunista. Tuttavia, come gli elementi della esperienza continuamente vengono
ad accrescersi assommandosi nuovi fatti ai precedenti, così si perfeziona
la coscienza del massimo organismo di lotta del proletariato mondiale e la sua
capacità di erogare nei partiti rivoluzionari internazionalmente affasciati
lo sforzo liberatore della classe lavoratrice, garantendosi sempre meglio da
errori ed insuccessi, assicurando sempre maggiori risorse che aiutino a conseguire
la vittoria suprema.
La scissione del Partito italiano ha suscitato tanto scalpore anche all'estero,
appunto perché reca un nuovo fattore di esperienza alla costituzione
della conoscenza precisa di quel processo per cui i tradizionali partiti della
seconda Internazionale han ceduto il passo ai moderni partiti rivoluzionari
comunisti. La scissione è un fatto contro cui è vano recriminare,
che bisogna invece comprendere, nei suoi insegnamenti. Essa è lungi da
essere semplicemente, pedestremente il portato della volontà della Internazionale
di Mosca, o peggio, dei comunisti italiani: la dipendenza è più
complessa, è dialettica, è reciproca. Se è valsa alla costituzione
del Partito Comunista d'Italia, attraverso la formulazione datane dai congressi
della Internazionale, l'esperienza delle lotte proletarie all'estero, dell'abisso
che in Russia, in Germania, in altri paesi si era scavato tra i fautori del
metodo rivoluzionario comunista e quelli delle varie sfumature socialdemocratiche:
a sua volta la crisi del Partito italiano reca all'esperienza internazionale
del movimento indicazioni suggestive e che non mancheranno di avere internazionali
riflessi e conseguenze.
Il Partito Comunista è dunque sorto in Italia dallo speciale svolgimento
che tra noi hanno avuto le correnti di sinistra del movimento della seconda
Internazionale, riuscito ad essere maggioranza prima della guerra e ad evitare
dinanzi a questa, col concorso di altre favorevoli circostanze, la bancarotta
social-nazionalista.
Tutto il posteriore svolgersi degli avvenimenti e della vita del nostro Partito,
è di una viva eloquenza marxista. Quelle condizioni derivanti dalle passate
affermazioni del si sono rivelate insufficienti a fare del partito un partito
maturo a utilizzare, secondo le direttive della nuova Internazionale, gli insegnamenti
e le conseguenze della guerra.
Vi è anzi di più: quelle circostanze si sono rilevate di una efficacia
e di una influenza esattamente inverse a quelle che la facile parola del corrente
buon senso attribuiva loro. Le nostre passate vittorie sul riformismo e sul
metodo socialdemocratico, ottennero nel 1912. 1914 e 1915 su quelle questioni,
che allora la situazione poneva in evidenza, non hanno servito a debellare il
metodo socialdemocratico e controrivoluzionario nelle sue più velenose
manifestazioni dell'epoca attuale. Anzi gli hanno permesso di convivere in un
partito che se ne dissimulava l'esistenza e l'influenza, di riguadagnare sulle
nuove posizioni, sebbene in modo poco appariscente la sua causa , rimorchiando
ancora verso destra il grosso del Partito.
Questi - e non vogliamo qui ripetere tutto il bagaglio di più precisa
dimostrazione che è svolto nella nostra critica e polemica di tutti i
giorni - gli insegnamenti della scissione italiana, questo il patrimonio di
pensiero e di tattica che il Partito Comunista d'Italia aggiunge a quello formidabile
della Terza Internazionale.
Il Partito Comunista d'Italia non permette a nessuno di giudicarlo come un prodotto
artificiale che si possa trovare più o meno ben riuscito, più
o meno brillantemente elaborato dall'artefice.
Ai critici che si pongano su questo terreno il Partito Comunista oppone la considerazione
che essi sono e pensano al di fuori del metodo critico marxista di interpretazione
dei fatti della storia. Il Partito Comunista d'Italia è in questa una
vera e grande realtà, che si può temere, che si piò odiare,
ma che nessuna critica e nessuna insinuazione potrà sopprimere o considerare
come una prova tentata da giudicare dall'effetto a venire.
Agli ex-compagni che così ragionano noi opponiamo ben diversa considerazione
del loro movimento. Essi con ipocrisia infinita paiono dire: . Noi diciamo di
essi e del loro Partito che esso non riassume in sé un certo metodo di
lotta proletaria sulla cui efficacia l'avvenire dovrà pronunciarsi; indipendentemente
da eventuali volontà soggettive, il loro movimento agisce nel senso di
tagliare al proletariato le vie della emancipazione: nessun dubbio vige sui
suoi effetti, esso non ha l'onore di essere in gara col nostro sulla via che
conduce alla vittoria del proletariato; esso opera, contro il metodo e l'azione
nostra, per la vittoria della borghesia e del suo dominio, con effetti non diversi
se non per una più sottile e insidiosa efficacia da quelli dell'azione
di tutti i controrivoluzionari che infestano il mondo.
E noi, Comunisti faremo la rivoluzione, nella misura in cui avremo saputo sbarazzarle
anzitutto la via dai farisei socialdemocratici, della loro ignoranza presuntuosa,
della loro volgare malignità, della loro incalcolabile insufficienza
che rivolgeranno domani nello sfrontato sabotaggio della rivoluzione.